Commento al Vangelo: VI Domenica di Pasqua 2015

L’anima angustiata, provata, inaridita e il Sacramento dell’Amore

La dedizione piena di noi stessi a Gesù dev’essere fatta per amore, e deve essere corrispondenza piena e pratica al suo amore. Nell’Eucaristia, infatti, domina l’amore di Gesù per l’umanità e, per parteciparvi fruttuosamente, è necessario che il nostro amore per Lui sia pieno. Non può concepirsi che si riceva senza amore il Sacramento dell’amore né che quest’amore si restringa ad uno sterile sentimento. Per questo Gesù, per completare la sua mirabile esortazione, soggiunse: Come il Padre ha amato me, così io ho amato voi. Perseverate nel mio amore. Se osservate i miei precetti rimarrete nel mio amore, come anch’io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Il Padre ha amato il Figlio incarnato con un amore infinito e, per glorificarlo, non ha esitato a farlo camminare per la via del dolore. Il Figlio, poi, lo ha amato osservando i suoi comandamenti, cioè compiendo la sua volontà. Ora Gesù protesta di amare i suoi cari con lo stesso amore: dona loro la sua vita, li genera ad una vita superiore e soprannaturale e li porta per il cammino della croce in questa terra, perché possano conseguire l’eterna gioia del Cielo: Vi ho detto queste cose affinché la mia gioia sia in voi e la gioia vostra sia completa. Per rispondere a questo amore e conseguirne i frutti è necessario amare, camminando per la via del Calvario e compiendo la divina volontà nelle angustie della vita e nell’osservanza dei divini precetti.

È questo l’amore che deve portarsi all’Eucaristia.

Quando l’anima si sente angustiata, arida, provata, e va a Gesù con un pieno abbandono alla sua volontà, allora veramente ama, e allora il Sacramento dell’amore la vivifica. Si può dire giustamente che si riceve l’Eucaristia per unirsi in Gesù e con Gesù alla divina volontà, nelle pene e nelle tenebre del nostro cammino. L’Eucaristia non è il Sacramento dei beati comprensori, ma dei viatori e delle vittime. All’altare del Sacrificio ci si va meglio con una veste di sacrificio, e con un pieno abbandono al Signore per tutto ciò che dispone nella nostra vita. La gioia che si raccoglie all’altare è proprio la gioia di una più completa unione alla divina volontà.

Don Dolindo Ruotolo; Gv 15,9-17

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