Droghe. Genitori, ecco che cosa fare se avete dubbi sui vostri figli

«Già rispetto a dieci anni fa il mondo della droga è cambiato, figuriamoci rispetto a 40 e più anni fa, quando i genitori degli adolescenti di oggi erano ragazzi. Esistono stupefacenti molto più potenti capaci di mettere insieme, per esempio, gli effetti di ketamina, Lsd e cannabinoidi e per di più “conditi” con sostanze che permettono di passare meglio la barriera ematoencefalica e anche con molecole lipofile che rendono le droghe meglio assimilabili». Non è certo rassicurante il quadro che fa ai genitori Fabrizio Schifano, psichiatra e farmacologo, da quindici anni in Inghilterra, all’Università di Hertfordshire, dove si occupa, come faceva in Italia, di nuove droghe. «E come se non bastassero queste nuove “offerte” facilmente accessibili, e neanche tanto costose, siamo di fronte, almeno in Italia, a un calo di interesse per il problema droga: si parla solo di dipendenza dal gioco d’azzardo» aggiunge Riccardo Gatti, psichiatria e psicoterapeuta, responsabile del Dipartimento Dipendenze della Asl di Milano.

E i genitori, anche loro si preoccupano d’altro? «Dal mio osservatorio di psicologo responsabile del progetto “Obiettivo giovani consumatori” alla Ausl di Bologna — dice Luca Ghedini —, quindi da un osservatorio che guarda a ragazzi e famiglie già coinvolte nel problema della droga, parlerei piuttosto di genitori alle prese con sensi di colpa, di inadeguatezza. Ma tutti sbagliano, genitori compresi. Quello che noi facciamo per aiutare queste famiglie è scattare una “fotografia” che a volte fa vedere qualcosa che prima non era chiaro. Poi se ne discute insieme, magari si decide di fare altre fotografie o di coinvolgere la famiglia». È possibile accorgersi che un figlio fa uso di sostanze? «Ci sono segnali: improvvisi cambi dell’umore, comportamenti inusuali, calo del rendimento scolastico, insonnia, estrema irritabilità, ma è difficile capire se la causa sia una droga o l’età» risponde Gatti. I test delle urine o dei capelli fatti di nascosto o imposti sono, certamente, l’ultima spiaggia, il segno di un dialogo con i figli già interrotto.

Ma almeno servono? «In queste circostanze, la loro utilità è relativa: non solo con i campioni i ragazzi possono facilmente “ingannarci”, per esempio scambiandoli, ma i test comunque scoprono sei, sette sostanze note, mentre oggi sono innumerevoli quelle che si possono usare» risponde Schifano. Ma allora, ci si può solo arrendere? «No, anzi. Non bisogna far finta di niente, sperare che passi; se si hanno dei valori bisogna testimoniarli e “urlarli” ai figli. Ma chi ha la responsabilità di educare deve anche tenere sempre gli occhi aperti, ricordando che i problemi non nascono in un giorno» risponde Ghidini. «Bisogna ascoltare i figli, e parlare con loro — chiarisce Gatti —. Bisogna far capire che le nuove droghe sono droghe “vere”. Anche se chi le usa non si sente un drogato perché conduce una vita “normale”, il rischio è altissimo.

Non solo si può passare da un uso “una volta ogni tanto” a uno sempre più frequente fino alla dipendenza, ma si rischia di non aver neppure il tempo di diventare dipendenti: queste droghe possono causare un infarto, una crisi psicotica, distruggere i reni, il fegato e, nel caso degli adolescenti, fare danni cerebrali provocando un precoce invecchiamento. E rovinano la sessualità». «Comunque, — conclude Gatti — nessuno deve pensare di poter fare tutto da solo. C’è chi sta lontano dai Servizi pubblici per le dipendenze perché teme di essere “schedato” o “segnalato” a qualche autorità. Non è vero, non succede. Abbiamo le porte sempre aperte, anche per i genitori che vogliono chiedere consigli. Basta bussare».

Fonte: Daniela Natali – Corriere della Sera – ‎giovedì‎ ‎18‎ ‎giugno‎ ‎2015
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