Come si possono portare questi miei cari ragazzi a essere allegri ed espansivi? – chiese in sogno Don Bosco a un suo ex allievo che gli faceva da guida.
Con la carità.
Con la carità? Ma… non sono amati abbastanza?
Chi manca il meglio.
Che cosa?
Che i ragazzi non solo siano amati, ma che essi stessi conoscano di essere amati. Se non amati in quelle cose che a loro piacciono, impareranno a vedere l’amore in quelle cose che naturalmente loro piacciono poco, quali sono la disciplina, lo studio, la mortificazione di se stessi; e queste cose le impareranno a fare con slancio e con amore.
Bisogna amare ciò che piace ai ragazzi, e i ragazzi impareranno ad amare ciò che piace agli educatori. A questo modo sarà facile la fatica educativa…
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Ecco la grande regola: “Se l’educatore darà l’esempio, lui per primo, nel farsi “prossimo” del suo allievo, il ragazzo a sua volta imparerà a farsi “prossimo” dei suoi coetanei e degli altri”.
“Chi è il mio prossimo?” chiese un legista a Gesù. E Gesù gli raccontò la storia di un pover’uomo abbandonato come morto dai banditi. “Passò un sacerdote ebreo e andò oltre. Ugualmente un levita. Arrivò un samaritano e gli si accostò. Quale dei tre uomini a tuo parere si è fatto prossimo di colui che era caduto nelle mani dei briganti?” chiese Gesù.
Gesù dà in questa parabola un significato attivo alla parola “prossimo”, a cui non si riflette abbastanza. Chi è il mio prossimo? Chiede il legista. E Gesù gli rispose “Fatti prossimo di tutti”, cioè sii colui che si accosta amorevolmente, colui che si china con bontà sulla miseria e il dolore degli altri, anche del primo che si presenta sconosciuto, perfino avverso, come fece il buon samaritano con quell’uomo moribondo. Fatti prossimo degli altri, amandoli. È così che il ragazzo imparerà la lezione.
Insegnate ai ragazzi a diventare attenti agli altri, a venire incontro alle loro necessità; ad avere, come la Madonna alle nozze di Cana, gli occhi aperti e le orecchie attente, non per soddisfare la propria insaziabile curiosità, ma per captare le angosce del mondo, per indovinare quando e come si può diventare utili senza pensare, e servire senza ingombrare.
Insegnate ai ragazzi ad avere rispetto, comprensione profonda del prossimo. Ma questo atteggiamento interiore sarebbe vanità e menzogna se la carità non divenisse attiva e non fiorisse in servizi diversi resi al prossimo, a profitto dei fratelli. La carità è uno stato d’animo, ma uno stato d’animo che ha delle mani per servirsene.
Gli uccelli spingono i loro piccoli fuori dal nido. Noi dobbiamo spingere i ragazzi a uscire dal nido del proprio egoismo, offrendo loro l’incentivo di farsi “prossimo” di tutti.
FONTE: Educhiamo come DonBosco, EditriceSalesiana