Perché la crisi delle vocazioni?

stellamatutina-domandaAmici di Radici Cristiane, è sotto gli occhi di tutti che ci sia una crisi di vocazioni sacerdotali. Anche se io preferisco parlare di crisi delle vocazioni ma delle risposte alla chiamata del Signore. Vorrei sapere cosa non funziona come dovrebbe. Perché siamo arrivati ad un tale stato di cose? – Felice da Ravenna –

Caro Felice, come lei ben dice che ci sia una crisi delle vocazioni e sotto gli occhi di tutti. Che poesia non crisi di vocazione ma di risposta alla vocazione, non è che cambia molto le cose. Sant’Ignazio di Loyola, che vocazioni se ne intendeva, tanto che nei suoi esercizi spirituali inserito ben 17 punti per riflettere seriamente sulla scelta del proprio stato, affermava addirittura che un maschio su tre fossi chiamato al sacerdozio. Certo, non sappiamo se le cose stiano effettivamente così; resta il fatto che siamo su cifre molto, ma molto lontani dalle attuali.

Sta prendendo piede la figura del parroco globe-trotter. Alle nove messa nella parrocchia A, alle 10 in quella B Dalle 11.30 in quella C. che la D e la E si arrangino! Eh già, perché ormai ci sono molte parrocchie (non mi riferisco tanto all’Italia) il sacerdote lo vedono con il cannocchiale. C’è il diacono Tizio tizio e diacono Caio che ora iniziano le cosiddette “paraliturgie” (termine che io abolirei) che, con tutto rispetto, stanno alla Messa nemmeno come le patate lesse ad un bel piatto di spaghetti alla carbonara. Paragone forse irriverente, ma è per rendere un’idea che in realtà non si può rendere, perché solo la Messa ha un valore infinito, solo nella messa e Dio che si offre in sacrificio. Se mettessimo su un piatto della bilancia tutte le preghiere di questo mondo e su un altro una sola Messa, la bilancia sicuramente prenderebbe dalla parte della Messa.

Ma, torniamo al discorso cui siamo partiti. Il numero dei sacerdoti è assolutamente insufficiente.E giustamente si cerca di correre ai ripari. Si fanno convegni, piani pastorali, incontri e giornate di preghiera; tutte cose buone… anzi ottime (cosa c’è di più importante della preghiera?), Ma si rivelano come “fatiche di Sisifo”, cioè inutili. E questo perché si dimentica una cosa e cioè che oggi non si sottolinea abbastanza l’esclusivismo salvifico del Cattolicesimo. Cioè il fatto che la salvezza è solo nella Chiesa cattolica. E tutti coloro che non sono cattolici non per propria colpa? Possono ugualmente salvarsi non grazie, ma nonostante le loro false religioni; sempre che si sforzino di aderire alla coscienza naturale. In questo modo, solo in questo modo, pur non sapendolo, costoro entrano a far parte della Chiesa (che è l’unica che salva) aderendo alla sua anima, anche se non al suo corpo.

Ma, Caro Felice, questo lo si dice chiaramente? O non è vero piuttosto che si sta radicando una convinzione secondo la quale, per la salvezza eterna, una religione vale l’altra? È ciò che io chiamo “sindrome dell’Anas”: ogni strada, se ben curata, è buona per arrivare a destinazione. Riflettiamoci.

Come si può risolvere la crisi delle vocazioni senza riproporre questo esclusivismo scientifico? Faccio l’esempio. Sono un giovane e penso di avere la vocazione al sacerdozio. So che si tratterà di una vita con numerose rinunce. Poi mi fanno capire che, in realtà, tutti si salvano indipendentemente dalla religione che si professa. È naturale che qualche dubbio mi venga. Ma chi me lo fa fare? Se ogni religione buona, a che serve di sacerdozio cattolico? Si potrebbe obiettare: nessuno deve credersi indispensabile.

Verissimo. Ma ciò vale per la propria persona, non per la funzione che si ricopre. Mi spiego. Don Tizio Deve essere si consapevole della sua inutilità (siamo tutti servi inutili), ma non può ritenere inutili – anzi! – il suo sacerdozio. Lo ripeto: l’inutilità vale per la propria persona non può il ruolo che si ricopre nella Chiesa.

D’altronde la bellezza del sacerdozio cattolico sta proprio nel portare a tutti la grazia per donare il paradiso. Caro Felice, lega queste bellissime parole del Santo curato d’Ars: “quando vedete un sacerdote, dovete dire:” Ecco colui che mi ha reso figlio di Dio e mi ha aperto il cielo per mezzo del santo battesimo, colui che mi ha purificato dopo il peccato, colui che nutre la mia anima”. Il sacerdote per voi come una madre, come una nutrice per il neonato: Ella gli dà da mangiare e il bimbo non devi far altro che aprire la bocca. La madre dice al suo bimbo: “Tieni, piccolo mio, mangia”. Il sacerdote vi dice:” Prendete mangiate, ecco il corpo di Gesù Cristo. Possa custodirvi e condurvi la vita eterna”. Che belle parole! Il sacerdote possiede le chiavi dei tesori del Cielo: È lui ad aprire la porta; egli è l’economo di Dio, l’amministrazione dei suoi beni”.

Tolto questo, che rimane? Su cosa si fonderà l’attrazione di un giovane? Su altro che non costituisce l’essenza del sacerdozio… L’assistenza sociale? Ma, diciamolo francamente, non occorre essere sacerdote per poterla fare.

FONTE: CORRADO GNERRE; Radici Cristiane, marzo 2013;
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