Santuari mariani: Marche

La “Santa Casa di Loreto”, mistica Nazareth d’Italia

Dei 2000 e più Santuari mariani che costellano la nostra terra italiana, non è difficile scegliere quello che in qualche modo è il più rappresentativo e quasi Santuario Nazionale: Loreto.

Anzitutto perché il suo primo affermarsi come luogo di culto alla Vergine si perde nei secoli ormai lontani [tanto che gli storici faticano non poco a dare precisa fisionomia alle sue origini], poi perché – specialmente tra il Seicento e il Settecento – Loreto fu considerato, per l’intera Cristianità, il primo luogo di devozione alla Madonna. Ma soprattutto perché Loreto vanta una pretesa unica: quella di possedere la Casa in cui la Madre di Gesù nacque e visse, a Nazareth, insieme a Gesù e a Giuseppe.

Questa è la tradizione che, diffusasi dagli ultimi decenni del Quattrocento e rapidamente affermatasi in tutta la Chiesa, fu il motivo principale per cui questo Colle che a Sud di Ancona si affaccia sul Mare Adriatico e che all’origine non fu segnalato da fatti straordinari di prodigi o di Apparizioni, divenne centro di affluenza di folle, la cui testimonianza di fede e di devozione non si è mai interrotta.

La “Ecclesia Sanctae Mariae quae sita est in fundo Laureti” [nominata la prima volta in una donazione al Vescovo di Umana Giordano, il 4 Gennaio 1114], nel corso dei secoli XIII e XIV è già divenuto un Santuario meta di numerosi Pellegrinaggi che lo arricchiscono di doni preziosi e di ex-voto.

Dalla seconda metà del Trecento, Papi come Urbano VI e Bonifacio IX [siamo nel periodo dell’esilio avignonese] cominciarono a far concessioni di Indulgenze e di privilegi al Santuario ormai definitivamente affermato.

Papa Paolo II contribuì in modo determinante a questa affermazione: lui, che attribuiva alla Vergine di Loreto la sua guarigione dalla peste, quando era ancora Patriarca di Venezia, emanò nel 1470 una Bolla nella quale fra l’altro scriveva alla: “… ecclesia Sanctae Mariae de Laureto […] miraculose fundata”, sostenendo che in essa “ipsius Virginis gloriosae ymago, angelico comitante coetu, mira Dei clementia collocata est” – “l’immagine della stessa gloriosa Vergine, per meravigliosa clemenza divina, fu collocata da una schiera di Angeli che l’accompagnò”.

Non si parla ancora della traslazione della ‘Santa Casa’ da Nazareth a Loreto; ma si accenna al prodigioso intervento angelico: “leggenda” o “tradizione” che si andava comunque già in quegli anni delineando, grazie alla narrazione di Pietro di Giorgio Tolomei, secondo il quale la camera della Beata Vergine […], quando i Musulmani invasero la Palestina, sarebbe stata trasferita dagli Angeli, il 10 Dicembre 1291, in Dalmazia nei pressi di Fiume, “dove non veniva onorata come conveniva”. Quindi, dalla terra dalmata, in tre successive traslazioni angeliche, il 2 Dicembre 1295, avrebbe raggiunto l’attuale collocazione.

Il fatto prodigioso di una casa apparsa improvvisamente e senza fondamenta sulla strada comune avrebbe suscitato subito vivissima devozione tra i fedeli che, accorsi in folla, l’avrebbero ben presto rafforzata con altre mura.

In tempi più recenti, l’esigenza critica ha indotto a cercare ragioni più accettabili per consolidare questa tradizione lauretana.

Da un documento del 1294 è emerso che Niceforo Angelo [da qui sarebbe venuto l’equivoco dell’intervento angelico], tra i doni dotali elargiti alla figlia Ithmar, che sposò Filippo di Taranto, quartogenito di Carlo II d’Angiò re di Napoli, avrebbe incluso “le sante pietre portate via dalla Casa della nostra Signora la Vergine Madre di Dio”.

Altri documenti attribuirebbero ad una famiglia bizantina Angelo o De Angelis il merito di aver salvato dalle devastazioni musulmane le pietre della Casa nazarethana della Madonna che poi, per varie vicende, avrebbe finito con l’essere ricostruita a Loreto.

“Tradizioni” – come si può ben capire – che non risolvono il problema dell’autenticità della “Santa Casa” di Nazareth [di tutta la “Casa” o di parte di essa] venerata a Loreto.

Resta il fatto che questo Santuario, nel suo grandioso aspetto fortilizio acquisito con le successive costruzioni dall’inizio della Basilica nel 1468, voluta dallo stesso Paolo II, con la ricchezza artistica attribuitagli dalla collaborazione di artisti come il Signorelli, i Sangallo, il Bramante, il Vanvitelli e tanti altri, con la sua storia gloriosa di secoli, meta di numerosi Pellegrini [fino ai tre milioni l’anno attuali], tra i quali diversi Papi, grandi Santi e personaggi illustri, resterà sempre uno dei luoghi di più alta simbologia e più venerati nel mondo.

Il nucleo del Santuario lauretano sarà sempre la “Santa Casa”, nella quale tutti entriamo ogni volta animati da fede profonda per meditare i sacri misteri della vita di Maria e di Gesù, sentendoci nell’atmosfera mistica di questo luogo come a Nazareth. Così hanno fatto anche i Papi del nostro tempo, dal Beato Giovanni XXIII al Papa del “Totus tuus”, Giovanni Paolo II, che – nel VII Centenario lauretano del 1993 – scriveva in una Lettera all’allora Delegato Pontificio mons. Pasquale Macchi che “la Santa Casa di Loreto non è solo una ‘reliquia’, ma anche una preziosa ‘icona’ concreta”.

L’iscrizione posta sul frontespizio dell’Altare, all’interno della “Santa Casa”: “Hic Verbum caro factum est”, e l’invocazione scritta sull’arcata che circonda l’immagine familiare della “Madonna Nera” di Loreto – copia di quella originale, distrutta in un incendio del 1921 – [“E novo simulacro tuo Virgo orbi pacis iris refulge”] avranno sempre la venerazione dei secoli.

“Madonna della Misericordia” di Macerata

Prima chiesa in ordine di tempo costruita su disegno del Vanvitelli, la Basilica-Santuario della “Madonna della Misericordia” di Macerata sorge dove un precedente Tempietto del 1447 venne innalzato alla Vergine come Voto, per implorare la fine della peste che devastava la Città. Successivi ampliamenti furono eseguiti fin verso la fine del sec. XIX.

L’immagine della Vergine, Patrona di Macerata [proclamata nel 1952 “Città di Maria”] e della Diocesi marchigiana, è da sempre oggetto di grande devozione.

“Regina di Tutti i Santi” ad Ancona

L’immagine che vi si venera è detta anche della “Madonna di San Ciriaco”, perché si trova in una Cappella dell’antica e bellissima Cattedrale della Città di Ancona, dedicata appunto al Santo.

Donata nel 1615 da Bortolo, un Capitano di mare veneziano che invocò la Madonna durante una tempesta e fu salvato insieme al figlio, l’immagine deve la sua fama soprattutto al fatto che, durante l’occupazione napoleonica, il 25 Giugno 1796, mentre un’enorme folla pregava davanti ad essa, questa fu vista muovere gli occhi in segno di materna comprensione. Evento che si ripeté ad intervalli, per alcuni mesi.

L’11 Febbraio del successivo 1797, occupata la Città, Napoleone volle esaminare il quadro di persona: ne rimase tanto impressionato che impallidì, e con le mani tremanti lo depose sul tavolo e poi lo fece tornare alla propria sede, risparmiando Ancona da altri soprusi e dolori.

“Madonna dell’Ambro” a Montefortino (AP)

Il Santuario della “Madonna dell’Ambro” sorge nel cuore dei Monti Sibillini, a circa sei chilometri dalla cittadina di Montefortino. Prende il nome dal fiume Ambro che scorre rumoroso e rapido al suo fianco. La sua origine si fa risalire intorno all’anno 1000 quando – secondo una pia tradizione – nel mese di Maggio la Vergine apparve, cinta di straordinario splendore, all’umile pastorella Santina, muta sin dalla nascita. La fanciulla ottenne di colpo la parola, in premio delle preghiere ed offerte di fiori silvestri che ogni giorno soleva fare ad un’immagine della Madonna posta nella cavità di un faggio. La costruzione attuale risale ai primi decenni del sec. XVII. Appoggiato alla roccia con l’abside rosata che ne richiama l’antichissima origine, il Santuario raccoglie un’iridescente tradizione cristiana così viva da poter dire che i mille anni passati non ci separano dai suoi lontani inizi.

È il Santuario mariano delle Marche più frequentato, dopo Loreto.

“Madonna della Rosa” ad Ostra (AN)

A breve distanza dalla cittadina di Ostra [tra Iesi e Corinaldo], esisteva da tempo immemorabile un’immagine della Vergine, dipinta su rozza parete: dal fiore che Maria tiene nella mano sinistra [con la destra regge il Bambino], i devoti cominciarono a chiamarla “Madonna della Rosa”.

Nel 1666 una fanciulla depone innanzi a quest’immagine un giglio che rimane per mesi fresco e olezzante: è come un segnale per fedeli che accorrono sempre più numerosi e che ricevono continue grazie, fino a determinare la costruzione di una chiesina che poi, verso la metà del sec. XVIII, viene inglobata nell’attuale maestoso Tempio-Santuario, meta di numerosi Pellegrinaggi dalle Marche e dalle Regioni vicine.

“Beata Vergine Addolorata” a Campocavallo di Osimo (AN)

A 5 chilometri da Osimo, sorge il Santuario della “Beata Vergine Addolorata” di Campocavallo, nel luogo ove verso la fine del XIX secolo si trovava una modesta chiesina di campagna. Il 16 Giugno 1892, durante una celebrazione, dapprima una contadina e poi tutti i fedeli presenti videro l’immagine dell’Addolorata muovere gli occhi e versare lacrime: una “Madonna delle lacrime” di allora. Qualche giorno dopo una cieca riacquistò la vista.

Questi fatti straordinari fecero accorrere grandi folle e, in pochi anni, si costruì il Santuario presso il quale, in occasione della festa annuale [l’ultima domenica di Settembre] si usa allestire un grande carro – chiamato “Covo” – ornato con spighe di grano, con le quali si compongono artistiche riproduzioni dei più noti Santuari mariani.

PS: Abbiamo dimenticato qualche santuario dedicato alla Beata Vergine Maria della Tua Regione? Segnalalo qua sotto nello spazio dei Commenti! Grazie!

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2 Commenti

  1. Paola Liberotti

    PELLEGRINAGGIO AL SANTUARIO DELLA MADONNA DEL CERRO, NELLE MARCHE

    Nel cuore della rigogliosa natura verdeggiante delle Marche, sospeso tra l’azzurro del cielo e le colline, si erge, imponente eppure nel contempo dall’aspetto gentile e sommesso, il santuario della Madonna del Cerro. Siamo nei pressi del piccolo paese di Rotondo, a pochi chilometri da Sassoferrato (provincia di Ancona). La Fede e l’antica devozione popolare accompagnano l’origine del santuario, di cui si perde la memoria nel corso degli anni…
    Intanto una precisazione sul nome: il cerro (Quercus cerris L.) è un albero a foglie caduche appartenente alla famiglia delle Fagaceae, molto diffuso nella zona. La chiesa originaria, nominata in un documento dell’archivio dei monaci Camandolesi di Fonte Avellana del 1139, era stata lasciata in abbandono per secoli finché si ridusse in pessimo stato. Nel 1835 il tetto era in massima parte caduto, rimaneva soltanto in un muro, dipinta a fresco, l’immagine della Madonna. Il quadro fu restaurato e ritoccato dal pittore D. Filippo Bracchi e nel 1918 da un altro artista di Roma. Il viso non fu mai toccato e conserva l’aspetto originale, tuttora pervaso da un’incantevole, sublime dolcezza, in grado di colpire qualsiasi osservatore, anche il meno attento.
    Una figura fondamentale che contribuì in modo determinante alla rinascita del santuario fu Angelo Bessi, nativo di Pantana di Pergola. Il Bessi, di professione ciabattino, poverissimo, analfabeta e storpio, pensò di restaurare la chiesa del Cerro per ringraziare la Vergine, dipinta nel sec. XVI sull’unico muro ancora esistente del vecchio edificio sacro in rovina. Naturalmente la notizia della grazia ottenuta si diffuse tra tutte le popolazioni della zona, che cominciarono ad accorrere al Cerro per pregare la Madonna.
    Nel 1914 vennero raccolte delle offerte e fu progettato l’ampliamento del santuario. I lavori terminarono nel 1922 e nel 1935 si resero necessari lavori di consolidamento alle fondamenta della navata sud. L’anno seguente fu costruito il  grande muraglione davanti alla facciata e, nel 1945, i due antri laterali delle navate. Nel 1956 furono rifatti i soffitti delle navate laterali, la  tinteggiatura e la pavimentazione. centrale. Nel 1960 il santuario fu completamente intonacato. Nel 1962 si ampliò il piazzale retrostante.
    Tornando al Bessi, passò il resto della sua vita nelle vicinanze, fino alla morte, avvenuta nel 1872. Fu sepolto vicino alla porta centrale, alla destra di chi entra. I resti furono rinvenuti nel 1956, e furono, poi, collocati in un sarcofago.
    Il cuore del santuario è naturalmente la stupenda immagine della Madonna: l’ignoto pittore cinquecentesco la ritrae con lo scettro nella mano destra alzata, sul cui capo due angeli sorreggono una corona di rose. Ai suoi piedi sono una donna in preghiera e un bambino che si attacca alle vesti di Maria Santissima per sottrarsi al demonio, che cerca di ghermirlo. L’affresco ricorda il seguente fatto miracoloso, risalente a un’epoca imprecisata.
    Un giorno, una madre esasperata imprecò contro il suo bambino: “Che ti porti via il demonio!”. La sciagurata imprecazione stava per avverarsi, perché costui comparve improvvisamente, per impossessarsi del bimbo. La donna, allora, sinceramente pentita, fece ricorso alla Madonna, la quale, strappato il piccolo dal demonio, lo ridette a sua madre.
    Dinanzi a questa sacra immagine sono passati migliaia e migliaia di pellegrini a invocare la sua mediazione di grazia per grandi sofferenze fisiche, morali e spirituali. E la Vergine amabilissima ha ottenuto, allora come oggi, miracoli e grazie ai suoi figli devoti e fiduciosi.
    Il passato è garanzia per il presente e per l’avvenire. Il santuario del Cerro è trono di Grazia ed è il luogo prediletto della misericordia e bontà di Maria Santissima, soccorritrice e consolatrice, che mai abbandona coloro che si affidano alla sua materna sollecitudine.
    Santuario Madonna del Cerro
    Rotondo di Sassoferrato 60042
    Cabernardi (AN)
    tel. e fax 0732-975039 – cell. 338.9101523

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