SUSAN BOYLE: La cantante che non doveva nascere.

La chiamavano la “cicciottella sempliciotta…” Il 16 settembre, durante il viaggio di Benedetto XVI nel Regno Unito, Susan Boyle è stata la prima artista chiamata a cantare per il Pontefice durante la S. Messa celebrata a Glasgow. Per lei è stato come ripercorrere una vita portata dalla sua famiglia su due binari: musica e fede.

Susan Boyle non sarebbe dovuta nascere: i medici, infatti, avevano consigliato alla madre di abortire. E’ la rivelazione che la cantante, ex concorrente della terza edizione del programma Britain’s Got Talent, pubblica nel suo libro The woman I was born to be, uscita da poco Oltremanica.

Secondo i medici, la gravidanza della signora Bridget Boyle era a rischio, ma lei, immigrata irlandese a Blackbum, al tempo già madre di otto figli, rifiutò in quanto era una cattolica con la “C” maiuscola.
Susan, durante il parto, soffrì di asfissia perinatale, la causa del lieve ritardo cerebrale che l’affligge. Scrive la cantante: I dottori mi guardavano in maniera sprezzante, poiché sospettavano che, a causa di una mancata ossigenazione del cervello, avessi riportato danni cerebrali. A mia madre dissero: “Avrebbe dovuto darci ascolto: ora dovrà accettare che Susan non diventerà mai nulla di buono” .
I nove milioni di dischi venduti in sei settimane, oltre che il successo riportato durante la sua partecipazione alla trasmissione, testimoniano il contrario. Prosegue Susan: “Sono sicura che i dottori avessero le migliori intenzioni, ma penso che non avrebbero dovuto dire quelle cose, visto che nessuno può prevedere il futuro. I medici non sapevano che io sono una combattente: durante tutta la mia vita ho cercato di dimostrare che loro avevano torto”.
Susan Boyle, dice: “la mia storia dimostra che bisogna valutare una persona nella sua interezza fisica, emotiva, mentale e spirituale. Dicendo questo, spero di dimostrare che realizzare i sogni non è impossibile”.

Quando la chiamavano Susie la sempliciotta. Quando a scuola per le sue difficoltà di apprendimento dovute al parto problematico della madre, che la ebbe quasi cinquantenne – venivano offese dal bullismo. Quando «Mi facevano più male gli sfottò delle botte». Quando insomma Susan Boyle non era una cantante da milioni di dischi nel mondo, e nessuno poteva immaginare la voce di quella donna – autodescrizione di Susan – «bassa cicciottella, con vestiti terribili e spettinata».

Eppure già allora i punti di riferimento di Susan Boyle erano chiari. La musica e la fede. La musica, «unica cosa che ero capace di fare»; la fede, «il mio riugio, la spina dorsale della mia vita, la cosa più importante». Ed oggi la situazione non è cambiata, anche se Susan Boyle, oggi, è una star: con un disco stravenduto e un altro già pronto, milioni di contatti su Youtube e viaggi transoceanici per tenere concerti, una biografia in uscita e la nomea di esempio. «Perché se ce l’ho fatta io, con la mia timidezza ed il mio aspetto, in una società che guarda spesso alle apparenze, beh, possono farcela tutti». l suoi punti di riferimento non sono cambiati, se Susan Boyle, quando le chiedono cosa prova a pensare di cantare per il Papa, risponde trattenendo l’emozione a stento.

«Era il sogno più grande della mia vita. Non riesco quasi a esprimere la mia felicità. Senz’ altro farò del mio meglio, però il 16 settembre prossimo resterà nella mia memoria comunque vada, perché ho sempre sognato di cantare per Sua Santità. Da devota cattolica che recita ogni giorno il Rosario, sarà un onore incredibile».
Figlia di immigrati irlandesi, Susan Boyle è nata a Blackbum, in Scozia, nel 1961. «Papà cantava, mamma suonava il pianoforte, mio fratello scrive canzoncine, due mie sorelle cantano magnificamente. Sembravamo la famiglia di Tutti insieme appassionatamente. Ma per me cantare era pure un’ ancora di salvezza, per i momenti in cui mi sentivo sola».
Ed un’ancora era pure l’educazione cattolica ricevuta dai suoi: «Quando a scuola non capivo più chi mi volesse bene e chi no, andavo in chiesa a pregare o mi recavo a visitare i parrocchiani malati. E’ questo che mi ha aiutato a non’ perdere mai la speranza e ad affrontare i periodi bui”.
Come quando Susan Boyle trovò finalmente il coraggio di partecipare a un concorso canoro, a 33 anni: e il conduttore la derise in pubblico. O come quando se ne andò la sua mamma: e «fu l’unica volta che per un po’ non riuscii a cantare». Prima di provarci davvero, a realizzare il suo sogno, «perché Dio ci elargisce doni e dobbiamo farli fruttare». E Susan si presentò al reality Britain’ s got talent senza vincerlo, ma trovando ovazioni, successo, un contratto. E un mestiere. «Anche se il successo è come finire sotto uno schiacciasassi, è dura non perdere la testa».

E per riuscirci Susan ha voluto inserire nel suo primo album “l dreamed a dream” non solo voce e grinta, ma pure i suoi valori. “Amazing grace”, storico brano di fede, «per ribadire che la speranza vince ogni paura». “How great thou art”, «perché la spiritualità ha un grande significato per me, e poi questo inno mi ricorda quando cantavo con gli amici in chiesa».

E pure a Benedetto XVI Susan Boyle ha cantato How great thou art, certo. Susan avrebbe voluto dire al Papa: «l’emozione non è cantare per lei, ma incontrarla e sentirla parlare», come rivela sul suo sito Internet. Susan ha conservato malgrado il successo, la semplicità e la generosità, sino a lasciarsi fuggire il rammarico per qualcosa che, evidentemente, riteneva più importante: l’attività di volontaria nella sua parrocchia Nostra Signora di Lourdes. «Cosa non mi piace di questo periodo della mia vita? Non ho tempo di visitare gli anziani…».

FONTE: P. Joao Francisco Forja, FI

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