Secondo le statistiche un bambino italiano, prima di aver terminato la scuola elementare, vede in media in Tv 8.000 omicidi e 100.000 atti di violenza. Per gli adulti naturalmente lo spettacolo è ancora più pesante. L’unica “immagine” che – a quanto pare – è proibito mostrare e vedere è il volto – sereno e dolce – di una possibile vittima prima della sua eventuale eliminazione. In particolare è proibita l’immagine (per nulla cruenta, anzi tenera e simpatica) di un bambino, vivo e sereno, nel seno della madre, a 15 settimane di gestazione, quantomeno se a quell’immagine si associa un appello di non abortire e un’offerta di aiuto a donne in condizioni di bisogno.
«È oggettivamente scioccante e angosciante», decretato l’Istituto dell’autodisciplina pubblicitaria. Il fatto è accaduto – nell’indifferenza generale – nel gennaio 2005. Il Movimento per la vita aveva fatto stampare per Milano un manifesto con la foto – tratta da una sofisticata ecografia – di un bambino nel seno materno a 15 settimane di gestazione nell’atto di portare il dito pollice alla bocca. Era un’immagine simpatica e bella. Sopra stava scritta: «MAMMA TI VOGLIO BENE. NON UCCIDERMI. SE SEI IN DIFFICOLTÀ S.O.S. VITA. NUMERO VERDE 8008-13000». Firmato: Movimento per la vita.
Il 21 gennaio il sopra citato IAP ha spedito una lettera al MPV ambrosiano dove si legge: «Il Comitato di Controllo ha ritenuto che il messaggio, prescindendo dalla finalità e dalle motivazioni che lo animano […] sia idonea a produrre sentimenti di turbamento nel pubblico dei destinatari, potendo suscitare un’eccessiva ansia in coloro che, per le più disparate motivazioni, non intendano aderire all’appello. In particolare, tale messaggio configura una fattispecie pubblicitaria non ammessa ai sensi dell’art. 46 – Appelli al pubblico. A tale conclusione il Comitato è giunto sia dall’analisi dell’head-line “Mamma ti voglio bene, non uccidermi”, oggettivamente scioccante ed angosciante; sia considerando l’immagine utilizzata che non è certamente evocativa di un feto di 5 settimane ma almeno – dato lo sviluppo morfologico – di 10, rafforzando così idonea a rafforzare il turbamento e il senso di colpa suscitato dalla parte testuale».
A parte il fatto che sul manifesto stava scritto a chiare lettere, sopra la foto, «15 settimane» (cosicché viene da chiedersi se il Comitato ha “giudicato” senza aver ben guardato e letto), l’episodio è emblematico.
Non si tratta infatti di un’ immagine cruenta, né il messaggio scritto è violento: (anzi: invita all’amore, offre aiuto e solidarietà). Inquietante semmai è l’argomento di cui si parla: l’aborto. Ma tale pratica non è “inventata” da questo manifesto, al contrario è consentita dalla legge e normalmente praticata in tutti gli ospedali, a spese dello Stato. Si dovrebbe forse evitare di parlarne? Si dovrebbe proibire di guardare in faccia al concepito di cui si decide la sorte? Curiosa idea.
Angosciante e conturbante non sarebbe l’uccisione di un bambino, tranquillamente permessa dalla legge, ma l’allusione a tale soppressione con l’invito a scongiurarla e con un’offerta di aiuto. Non è incredibile? Sembra il mondo alla rovescia! Oltretutto qua non si tratta di una foto – come ce ne sono – che mostra gli effetti di un aborto la qual cosa sarebbe sconvolgente (anche se dolorosamente istruttiva). In questo caso il bambino è vivo e sereno: «Meraviglia che la fotografia della realtà, di ciò che semplicemente “è” nel buio materno, possa risultare inopportuna, generando “sensi di colpa e turbamento” […]», ha commentato opportunamente Marina Corradi44.
FONTE: A. Socci, IL GENOCIDIO CENSURATO, Piemme, 2006, pp. 38
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43 A. OLIVERIO FERRARIS, Tv per un figlio, LATERZA, 2004, P. 137.
44 M. CORRADI, “Disturbano” i poster per difendere i nascituri, in «Avvenire», 2 febbraio 2005, p. 7.
45 A. FACCIO, Il reato di massa, Sugarco, 1975, p. 18.
46 «Il Foglio», 6 ottobre 2005 e 13 dicembre 2005.