Commento al Vangelo – Maria Madre di Dio 2016 C

Giornata mondiale della pace

I pastori adorano Gesù

I pastori rimasero per un momento estatici anch’essi, colmi di gioia, sazi d’amore, e di comune accordo stabilirono di andare ad adorare il nato Bambino nei pressi di Betlemme. Si mossero; correvano, l’amore li sospingeva, il desiderio di vedere il Messia li animava; andavano dritti verso le grotte di rifugio, perché solo là poteva esservi una mangiatoia. Si avanzarono titubanti alla grotta; Maria già lo sapeva, perché li aveva chiamati con la sua preghiera. Si soffermarono un po’, proni per terra; esultavano, il cuore balzava loro quasi dal petto. Lo rapiva l’Infante divino.

Maria fece loro un cenno; entrarono. Senza Maria non sarebbero mai entrati, poiché sempre Lei dona il Cristo alle anime. Si prostrarono, crederono, adorarono. Non avevano bisogno di prove; la prova sta tutta in quelle poche parole del Sacro Testo: Trovarono Maria, Giuseppe e il Bambino e, vistolo, si persuasero di quello che era stato detto loro di quel Bambino. Era logico che si persuadessero, poiché Egli era la Verità; Maria la Sede della Sapienza; Giuseppe ne era il custode fedele.

Videro il Bambino: era piccolino, roseo, bellissimo. Aveva la piccola chioma d’oro, come un nembo, la fronte come luce di arcana sapienza, gli occhi brillanti di bontà e d’amore, le labbra sorridenti d’amore.

Si moriva d’amore innanzi a Lui, s’inteneriva l’anima, si piangeva. Che pace da quella mangiatoia! Era nato a Betlemme, la casa del pane, e come Pane di vita stava in una mangiatoia. Attirava. Lo si sarebbe veramente mangiato di baci. Quale bellezza delicata e potente, dolcissima e maestosa, piccolina e più grande dei cieli. Egli parlava sommessamente alle anime loro. Quale colloquio d’amore! Lo sentivano nel fondo del cuore e si sentivano rigenerati. Respiravano la grazia, l’anima si dilatava. Che amore! Non potevano staccarsi da quella grotta. Nessuna reggia era più bella.

Sollevarono gli occhi alla Mamma: era la misericordia dolcissima; a san Giuseppe, era la bontà vivente. Parlarono loro? La gioia li soffocava. Piansero, e sparsero le lacrime come perle fluenti sul volto del Bimbo; erano come la fusione dell’uomo peccatore col Redentore. Tacevano. Le ore passavano, ma erano istanti; la gioia le fugava, perché stava quasi ai confini eterni tanto era immensa. Nel Cielo non vi sono le ore, poiché neppure i secoli possono misurarne gl’istanti.

Albeggiava, dovettero partire. Ritornarono e le pecorelle belavano, non di pena, ma perché le invadeva una calma serenità.

Il loro istinto quasi diventava ragione tanto erano in pace, come non mai.

I pastori si sparsero per quella terra, portando la lieta novella; erano già apostoli e da pastori di pecorelle erano diventati come pastori di anime; Dio sceglie sempre gli umili per i grandi annunci del suo amore. Essi annunciavano le meraviglie che avevano udite e vedute, e Maria le conservava nel suo Cuore e le meditava.

Che cosa grande era questa meditazione della Vergine Santissima! Ella considerava i misteri che si svolgevano, il compimento delle profezie, il lavoro della grazia nelle anime, e ne benediceva Dio nel suo Cuore. Considerava anche, gioendo, le parole che le aveva detto l’angelo, e le metteva in relazione con quello che vedeva, rinnovando la sua fede e il suo abbandono in Dio. Le dava poi grande gioia il vedere che il suo Figlio divino era riconosciuto almeno da alcuni, e gli onori che gli rendevano attenuavano le angustie dell’anima sua per l’irriconoscenza umana.

Meditava in silenzio, nel suo Cuore: con queste poche parole l’evangelista ci dà il carattere della Madre di Dio: placido, ponderato, raccolto, parlava poco, e la sua grande vita d’amore era tutta nel suo interno. Taceva e parlava con Dio, perché il suo desiderio preponderante era quello di nascondersi, all’opposto di noi che parliamo e sperperiamo nel turbine della vanità spirituale tanti doni di Dio.

Il Sacro Testo soggiunge che i pastori se ne andarono glorificando e lodando Dio; rimaneva in loro l’esultanza piena dello spirito, e la fede si rinnovava nei loro cuori, pensando a quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro. Dunque, il Bambino divino li aveva conquisi con la sua profonda umiliazione, e quelle fasce che lo avvolgevano nell’umile mangiatoia erano state, per loro, luce di verità nel vedere in Lui il Salvatore del mondo.

Il modo di operare di Dio

È una cosa importantissima, questa, per considerare i modi di operare di Dio, tanto diversi dalle nostre abitudini e dai nostri pensieri. Dio opera per ciò che all’occhio umano appare più spregevole; si direbbe che la sua onnipotenza, avendo creato tutto dal nulla, cerchi quello che più si avvicina al nulla, per manifestarsi più splendidamente. Attraverso l’estrema umiliazione della grotta e della mangiatoia rifulgeva la gloria del Verbo Incarnato nelle anime dei pastori, e attraverso le fasce nelle quali era stretto, si manifestava loro la sua potenza; l’enorme sproporzione tra il mezzo di cui Dio si servì e l’effetto che produsse era già un argomento di verità per i pastori e lo è tuttora per noi.

Quante volte crediamo di riuscire nelle opere sante e miseramente falliamo, perché ci atteniamo ai mezzi umani! A volte constatiamo fino all’evidenza che, anche nelle opere ordinarie di apostolato, fallisce tutto quello che ci sembra più brillante, e ottiene l’effetto la parola più umile detta con pieno abbandono al Signore. A volte una sola interferenza della nostra natura o del nostro orgoglio può rovinare un disegno di grazia in un’anima, e può rendere vana l’attività delle più belle opere di bene!

I pastori vegliano il gregge e appare loro l’angelo di Dio, annunciando la lieta novella della nascita del Redentore; così avviene anche ai pastori delle anime: la loro vigilanza nella preghiera e nello zelo li rende degni delle divine misericordie ed essi, nella notte del mondo, vedono Gesù nato nelle anime, per liberarle dal peccato e ricolmarle di pace.

Imitiamo i pastori nell’andare sollecitamente a Dio, appena ci chiama con le sue ispirazioni interne, e non frapponiamo indugi alla sua grazia. La prontezza nel rispondere alla sua voce ci fa trovare la via del Cielo e ci fa raggiungere la meta che Egli assegna al nostro pellegrinaggio terreno. Chiamaci, o Gesù, perché ti seguiamo, e salvaci nella tua infinita misericordia!

Gli angeli cantarono: Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà; sintetizzarono così, in poche parole, gli effetti della redenzione: dare a Dio una gloria infinita, e riconciliare con Lui le creature, le quali, avvolte ed elevate dalla divina benevolenza, avrebbero avuto pace con Dio e pace in loro.

Stando al testo greco, gli uomini di buona volontà sono quelli che sono oggetto della divina benevolenza, ossia che sono in grazia di Dio. È dunque vano aspettare la pace senza la grazia. Il mondo, anche dopo la redenzione, non trova pace, perché non è oggetto della divina benevolenza, rifuggendo da Dio col maledetto peccato. È necessario cooperare alla pace del cuore e a quella del mondo, conservando la divina grazia e fuggendo il peccato.

Più il mondo si carica di peccati e più si sconvolge; se oggi è diventato un cantiere di guerra, questo avviene perché è una bolgia di orribili peccati.

Potremmo dire, senza esagerare, che ad ogni peccato corrisponde una nuova arma per distruggere la pace, e che le moderne invenzioni di guerra, in fondo, sono come la rassegna delle nostre iniquità. Come s’inalbera l’orgoglio, s’innalzano gli aeroplani distruttori e come si asfissia l’anima senza Dio, così si asfissia il corpo con le bombe. Quando lo scandalo rovina i cuori con le manifestazioni della falsa scienza e della falsa letteratura, irradiando la morte, sorge il raggio della morte la nuova scoperta che paralizza, abbatte e uccide a distanza. Per avere la pace non bastano le conferenze o i colpi di forza: occorre la sincera conversione a Dio degli individui e delle nazioni. È una verità innegabile. Gli uomini marciano verso la morte quando marciano verso la perdizione, e poiché i fanciulli oggi cadono spesso nei peccati degli adulti, eccoli anch’essi, benché mocciosi al mille per mille, col moschetto in spalla. Si può presentare come si vuole, con le roboanti parole dell’eroismo e della forza l’armamento delle nazioni; la verità autentica è che esso è indice dei loro peccati e della loro degradazione morale. Mai si è parlato tanto di pace quanto oggi, e mai il mondo è stato un cantiere di guerra come oggi. Se non si dà gloria a Dio, come viene la pace? Sono due parole che non possono dividersi, e che gli angeli intenzionalmente cantarono insieme: Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà.

Don Dolindo Ruotolo;  Lc 2,16-21
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