Inizio 4.XI.1958 – Fine 3.VI.1963
Nell’aria c’era già l’odore dell’estate, ma il giorno era triste. Quel 3 giugno 1963 una luce si spegneva nel mondo: il “Papa buono” era morto. Calde lacrime solcavano il viso delle tante persone che appresero in quei momenti la notizia della sua scomparsa. Nel suo breve ma intenso pontificato, durato poco meno di cinque anni, Papa Giovanni era riuscito a farsi amare dal mondo intero, che adesso ne piangeva la perdita.
Ma già subito dopo la sua morte incominciava il fervore della devozione popolare, che doveva avvolgere la sua figura di una precoce quanto indiscussa aureola di santità, e prendeva avvio il processo di beatificazione: un lavoro ciclopico, durato ben 34 anni, con l’avvicendarsi di diversi Postulatori e montagne di documenti da vagliare prima di pronunciarsi sulla sua eroicità. (…)Il 12 ottobre 1958 Angelo Roncalli era partito alla volta di Roma per partecipare insieme agli altri cardinali al conclave, ma non immaginava assolutamente di essere eletto Papa. Il suo desiderio era sempre stato quello di essere un pastore di anime, modesto e semplice come un parroco di campagna.
Era nato a Sotto il Monte, piccolo borgo del bergamasco, il 25 novembre 1881, figlio di poveri mezzadri che lo battezzarono il giorno stesso della sua nascita nella locale Chiesa di S. Maria; la stessa dove, divenuto prete, avrebbe celebrato la sua prima Messa, il 15 agosto 1905, festa dell’Assunzione.
Angelino era molto intelligente e terminò le scuole in un lampo, tanto che in seminario era il più giovane della sua classe. A 19 anni aveva completato i corsi, ma per la legge ecclesiastica non poteva essere ordinato sacerdote prima dei 24 anni, così fu mandato a Roma per laurearsi alla Gregoriana.
Divenuto prete, rimase per quindici anni a Bergamo, come segretario del vescovo e insegnante al seminario. Allo scoppio della prima guerra mondiale fu chiamato alle armi come cappellano militare. Nel 1921 Roncalli è a Roma e, successivamente, viene inviato in Bulgaria e in Turchia come visitatore apostolico: iniziava così la sua carriera diplomatica. Nominato Nunzio a Parigi nel 1944, diventa Patriarca di Venezia nel 1953.
Un’esistenza piuttosto appartata, senza fatti eclatanti, fino all’elezione al soglio di Pietro. Aveva allora 77 anni ed aveva già fatto testamento. Intendeva essere sepolto a Venezia e si era fatto costruire la tomba, nella cripta di S. Marco. Era naturale che ritenesse ormai imminente il suo commiato dal mondo. L’anno prima, 1957, aveva scritto infatti nel suo diario: “O Signore, siamo a sera. Anni settantasei in corso. Grande dono del Padre celeste la vita. Tre quarti dei miei contemporanei sono passati all’altra riva. Dunque anch’io mi debbo tener preparato al grande momento…”. Ma le vie del Signore sono sovente imprevedibili. Il 28 ottobre 1958 l’allora cardinale e patriarca di Venezia salì al soglio pontificio, come successore di Pio XII, e molti ne restarono sorpresi. Un vecchio avrebbe dovuto reggere la Chiesa? I giornali presto ci ricamarono su perché veniva da una famiglia di contadini. “Il papa contadino”, cominciarono a chiamarlo. Ma Roncalli aveva ben chiara la propria missione da compiere.
“Vocabor Johannes…”. Mi chiamerò Giovanni, esordì appena eletto. Era il primo punto fermo del suo pontificato. Un nome che era già tutto un programma. E non si smentì.
Nel 1959, un anno soltanto dopo la sua elezione, “tremando un poco di commozione, ma insieme con umile risolutezza di proposito”, come disse ai cardinali riuniti, annunciò il Concilio Vaticano II. Un evento epocale, destinato a cambiare il volto della Chiesa, a segnare un netto spartiacque nella storia della cristianità.
(…) Fu il leit-motiv della sua vita e del suo pontificato. Dopo la S. Messa, nulla era per lui più importante del Rosario. Ogni giorno lo recitava per intero, meditando su ogni mistero. “Sono entusiasta – egli diceva – di questa devozione, soprattutto quando è capita ed appresa bene. Il vero Rosario è il cosiddetto Rosario meditato. Questo supplisce a molte altre forme di vita spirituale. È meditazione, supplicazione, canto ed insieme incantesimo delle anime. Quanta dolcezza e quanta forza in questa preghiera!”.
Mons. Loris Capovilla, suo segretario e fedele custode di memorie, ha detto che Papa Giovanni “durante tutta la sua esistenza si comportò con Maria di Nazareth come un figlio con la madre, uno di quei figli che un tempo davano del lei o del voi alla propria genitrice, manifestando amore dilatato dalla venerazione e rispetto alimentato dall’entusiasmo”.
Una venerazione tenera e forte, delicata e incrollabile, in cui possiamo vedere racchiuso il segreto della sua santità.
Durante il suo pontificato fu pubblicato su “L’Osservatore Romano” un suo “Piccolo saggio di devoti pensieri distribuiti per ogni decina del Rosario, con riferimento alla triplice accentuazione: mistero, riflessione ed intenzione”: in una scrittura limpida e chiara c’è il succo delle riflessioni che egli veniva maturando nella personale preghiera del S. Rosario. “Nell’atto che ripetiamo le Avemarie, quanto è bello contemplare il campo che germina, la messe che s’innalza…”, diceva con efficace metafora presa da quel mondo contadino a lui così familiare. “Ciascuno avverte nei singoli misteri l’opportuno e buon insegnamento per sé, in ordine alla propria santificazione e alle condizioni in cui vive”.
Papa Giovanni auspicava che il Rosario venisse recitato ogni sera in casa, nelle famiglie riunite, in ogni luogo della terra. Ma quanti oggi si radunano per fare questo? Il vento gelido della secolarizzazione ha finito per spazzare via questa antica consuetudine. Le case assomigliano oggi a isole di solitudine e incomunicabilità e se ci si riunisce è per celebrare i rituali del “caminetto” televisivo che mescola con la stessa indifferenza massacri etnici e telequiz, futilità e orrori.
(…)Il suo paese natale da oltre un trentennio è meta incessante di pellegrinaggi. Lo si era immaginato come un papa di transizione, che sarebbe passato in fretta, presto dimenticato, ma non è stato così. Per un disegno provvidenziale di Dio la giovinezza della Chiesa si è realizzata attraverso l’opera di un vecchio. Fu veramente un dono inatteso del Cielo.
Attento ai segni dei tempi, Papa Giovanni promosse l’ecumenismo e la pace. Uomo del dialogo e della viva carità, fece sentire a tutti gli uomini, anche ai non cattolici e ai lontani, l’amicizia di Dio. La sua spiritualità, delicata e robusta al tempo stesso, aveva, come abbiamo visto, le sue radici in Maria. A Lei sempre si rivolgeva, in Lei confidava. Non si staccava mai da Lei, né mai si macerava nel dubbio: la sua fede era limpida e sorgiva, riposava in Maria, attraverso il Rosario.
Anche il miracolo, la guarigione “clinicamente inspiegabile” di una suora malata di cancro, grazie a cui è ora elevato alla gloria degli altari, si è realizzato nel segno di Maria. Suor Caterina Capitani, delle Figlie della Carità, era affetta da un tumore allo stomaco che l’aveva ridotta in fin di vita. Papa Giovanni era morto da soli tre anni e la suorina con le consorelle l’aveva pregato a lungo, con grande insistenza e fiducia. Quel giorno, era il 25 maggio 1966, il “Papa buono” le apparve e le disse di non temere, perché sarebbe stata guarita, aggiungendo: “Me l’avete strappato dal cuore questo miracolo”.
Prima di scomparire però le fece una grande raccomandazione: di pregare sempre il rosario. Era il suo chiodo fisso durante la vita, era il segreto della sua santità nell’alba eterna che non conosce tramonto.
Il Martirologium Romanum pone la data di culto al 3 giugno, mentre le diocesi di Bergamo e di Milano celebrano la sua memoria l’11 ottobre, anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II avvenuta nel 1962.
La festa liturgica è iscritta nel Calendario Romano generale all’11 ottobre, con il grado di memoria facoltativa.