Gli evoluzionisti si sottraggono al dibattito scientifico.

stellamatutina-darwin-awardsAvendo avuto il privilegio di presentare con Marco Respinti il contenuto scientifico del libro Evoluzionismo: il tramonto di una ipotesi, il 6 novembre a Roma, di fronte a tutte le critiche lette sulla stampa italiana, devo rettificare alcuni punti che falsano il dibattito. Innanzi tutto, noi siamo, come ho detto chiaramente, scienziati di diverse discipline: anatomia, antropologia, biologia, genetica, fisica, biochimica, sedimentologia, paleontologia, che hanno deciso di mettere in comune le loro conoscenze al fine di proporre una critica costruttiva dell’evoluzionismo. Non siamo creazionisti che si basano sulla Bibbia ma pubblichiamo su riviste internazionali come fanno normalmente tutti gli scienziati degni di questo nome.

Abbiamo organizzato un primo incontro il 3 novembre 2008 all’Università La Sapienza di Roma sul tema “A Scientific Critique of Evolution”, che ha dato luogo a una pubblicazione in inglese edita da Fabio Scoppa e dal sottoscritto e che è disponibile. In seguito, dopo aver visto la straordinaria pubblicazione del libro da lui curato, Finis Vitæ, abbiamo chiesto al prof. Roberto de Mattei, vice presidente del CNR, se fosse possibile organizzare al CNR un incontro più allargato di quello della Sapienza, sempre sul tema dell’evoluzione. Siamo stati molto felici che il prof. de Mattei abbia accettato, testimoniando così una mentalità molto aperta e una totale assenza di settarismo o di intolleranza scientifica. Contrariamente a quanto affermato da quanti lo hanno denigrato, egli rende così onore a questo importante ente pubblico quale è il CNR, senza per nulla “ridicolizzarlo” agli occhi di noi stranieri e che rendono un omaggio unanime a questa posizione coraggiosa e intelligente presa dal vice presidente della più alta istanza scientifica di questo Paese che tutti amiamo e con il quale abbiamo molti rapporti di lavoro e amicizia.

Quanto al fulcro del dibattito, non è strano, affrontando un argomento fondamentalmente polemico, subire le critiche acerbe di convinti evoluzionisti privi di educazione e di eleganza intellettuale. Il loro primo sistema di difesa consiste nel trattare noi scienziati come dei creazionisti, di metterci alla pari con i fondamentalisti americani e gli estremisti di ogni genere e confessione religiosa. Naturalmente l’autore più virulento di questa fronda, Dietelmo Pievani detto “Telmo”, ha fatto già da molto tempo una scelta di campo, dopo la laurea in Filosofia della Scienza conseguita presso l’Università degli Studi di Milano e un lavoro in biologia evolutiva negli Stati Uniti sotto la direzione di Nils Elredge e Ian Tattersall, presso l’American Museum of Natural History di New York.

Ha scritto una quindicina di libri nello stesso stile darwiniano di pensiero e ha creato un Pikaia.eu, un sito e un’organizzazione dedicata alla difesa e alla promozione del darwinismo. Pur non avendo letto il nostro libro si permette di criticare, contentandosi di attaccare gli autori che non conosce, in maniera indegna per una persona colta e tollerante come lui, con una volgare presa in giro senza il minimo rispetto per i colleghi stranieri. Questo procedimento classico basta a mostrare che non vuole andare a fondo della questione, poichè non possiede vere argomentazioni scientifiche per rispondere alle nostre critiche.

Il secondo sistema di difesa degli evoluzionisti di questo stile consiste nel fare appello a studi sui batteri, non i suoi, in quanto Pievani non è un biologo e non ha mai condotto esperimenti in laboratorio. Su “MicroMega”, 6, 2009, pp. 116-117, si può leggere l’analisi di pievani sui lavori di gruppo di Richard Lenski alla Michigan State University pubblicati su “Nature”, il 29 ottobre 2009, n. 461 sugli Escherichia Coli: «L’esperimento ha permesso di vedere l’evoluzione in atto per diversi cicli di decine di migliaia di generazioni ciascuno… gli scienziati hanno potuto calcolare passo per passo il numero esatto di mutazioni che si sono accumulate negli anni e hanno appurato che il loro successo, in accordo con quanto prevede la teoria darwiniana, era legato a specifici vantaggi adattativi nell’ambiente a risorse limitate in cui erano coltivati. Praticamente la selezione naturale è stata vista in presa diretta, sul bancone del laboratorio (!)». Questo tipo di interpretazione di un fatto sperimentale scientificamente verificabile è tipico di uno spirito dogmaticamente impregnato della concezione darwiniana.

La realtà è che ormai noi sappiamo che i batteri hanno la capacità di cambiare certi elementi del loro genoma mediante mutazione, ma senza aumentare il loro materiale genetico per sopravvivere in condizioni ambientali diverse e critiche. In quanto medici, conosciamo bene le conseguenze talvolta drammatiche dei germi che hanno sviluppato una resistenza agli antibiotici. Molte strutture ospedaliere sono pericolose a causa dell’assenza di regole ferree di igiene ospedaliera che provoca lo sviluppo di ceppi di germi responsabili di queste malattie nosocomiali gravi che causano la morte di molti pazienti. Tutti i ricercatori seri che lavorano sui batteri, infatti, sono riusciti a creare in laboratorio solo ed esclusivamente batteri e lo stesso discorso vale per i lavori sperimentali su altre specie.

Bisogna ricordare che la biologia evoluzionista è una forma di interpretazione orientata dalla biologia, che è l’unica scienza vera, con i suoi fatti sperimentalmente riproducibili e la sua assenza di fallaci congetture. L’equipe di Thomas Hunt Morgan (1886-1945) di Pasadena ha lavorato per molti anni sulla drosofila (Drosophila melanogaster), una mosca che si riproduce molto rapidamente, consentendo così di studiare molte generazioni. Questi studiosi hanno creato più di 400 mutazioni per irradiazione con tutte le forme di possibili di malformazioni, ma senza mai riuscire a ottenere una nuova specie. E come disse il nostro famoso biologo francese Pierre-Paul Grassé nel 1980: «Se vogliono illustrare con esempi l’evoluzione in azione, come disse Julian Huxley, i darwinisti devono smettere di proporre colibacilli e drosofila come modelli».

Questo è un punto importante ed è una delle nostre argomentazioni contro l’evoluzionismo. La teoria di Darwin, infatti, è basata sui minimi cambiamenti a ogni generazione., che alla fine potrebbero spiegare l’apparizione successiva di tutte le specie, fenomeno che è stato definito gradualismo e che fa seguito al trasformismo di Lamarck: ogni nuova specie deriva da un’altra specie con una discendenza comune a partire da un antenato comune. Darwin è morto prima della nascita della genetica con le classiche leggi di Mendel e la scoperta delle mutazioni da parte di Hugo de Vries nel 1901.

Ciò ha evidentemente portato a una riformulazione della teoria di Darwin, utilizzando la coppia mutazione/selezione naturale per tentare di spiegare i tre milioni di specie diverse attualmente conosciute. Se è evidente che le mutazioni esistono con forme molto diverse sui geni o sui cromosomi, bisogna sapere che esse sono aleatorie e di conseguenza non programmabili né prevedibili. Sono errori nel fenomeno complesso di replicazione del materiale genetico e sono previste due “cassette di attrezzi” per una esplorazione e una eventuale riparazione in tempo reale: il DNA polimerasi e la esonucleasi.

Se la riparazione è impossibile la crescita si arresta e vi è un’eliminazione per aborto naturale, oppure la crescita può continuare, ma con un’eventuale modifica del genoma che provoca una malformazione che, fortunatamente, è statisticamente molto rara. Un esempio di mutazione cromosomica valida è la trisomia 21 (mongolismo). Di questo primo approccio spiegato nel nostro libro bisogna quindi tenere a mente che il passaggio da una specie all’altra, la filiazione tra specie non è mai stata dimostrata sperimentalmente da nessun laboratorio al mondo, pertanto si è autorizzati a rifiutare l’ipotesi darwiniana. Inoltre la sorprendente biodiversità animale che ci circonda è principalmente il risultato della riproduzione sessuata e non del gioco aleatorio di mutazioni selezionate da una commissione non intelligente e cieca.

Alla presentazione del libro del 6 novembre ho volontariamente portato un esempio convincente della straordinaria nanotecnologia dell’essere vivente, presentando la produzione degli spermatozoi nei canali seminiferi del testicolo, che, messi uno dopo l’altro, formano un tubo di 200 micron di diametro su un chilometro di lunghezza. Le nostre conoscenze, grazie alla microscopia elettronica, sono complete sulla struttura dello spermatozoide, che ha una testa nucleare di 5 micron contenente il metapiano di un individuo, un sistema di propulsione attraverso un flagello di 60 micron con nano filamenti di proteine contrattili e una batteria mitocondriale che fornisce l’energia. Tuttavia l’assenza di un possibile controllo di qualità all’uscita del tubo spiega che uno spermogramma normalmente ha dal 15 al 20% di forme anomale, cosa che non impedisce la riuscita della corsa all’ovulo di un vincitore su circa 200 milioni di concorrenti lanciati da una eiaculazione. Solo questo esempio basta a escludere il caso nella fabbricazione dell’essere vivente.

Il secondo importante argomento affrontato nel nostro libro è il problema del tempo geologico. Oggi si ha l’abitudine di destreggiarsi con i milioni di anni per datare i fossili ritrovati in strati sedimentari differenti. È una forma di ragionamento circolare che consiste nel dare un’età ai fossili trovati in uno strato e nel datare questo strato in funzione dei fossili che contiene. In realtà i metodi moderni di datazione hanno fatto progressi importanti utilizzando la degradazione della forma isotopica di un componente con il tempo. Ma i metodi di radiodatazione non possono applicarsi direttamente ai sedimenti che contengono i fossili, ma solo alla lava che li ricopre.

Per comprendere a fondo il problema, bisogna leggere il capitolo di Jean de Pontcharra, ingegnere al CEA a Grenoble (Commissariato all’Energia Atomica) che mostra che l’orologio potassio/argon (K/Ar) è sbagliato, cosa che rimette in discussione le cifre fornite attualmente nella letteratura. Questo punto no è l’opinione di un ricercatore influenzato da una idea preconcetta, ma il risultato di osservazioni sperimentali precise.

Un’altra ricerca sperimentale è stata condotta da un altro membro del nostro gruppo, Guy Berthault, ingegnere della prestigiosa Scuola Politecnica francese, che ha dedicato il suo tempo e le sue risorse finanziarie a un esperimento originale e inconfutabile sulla sedimentazione. I sedimentologi analizzano i differenti strati di un profilo stratigrafico basandosi su tre principi enunciati da Stenon nel 1667: sovrapposizione, continuità e orizzontalità originaria, completati dal principi di uniformitarianismo definito da Charles Lyell. Semplificando al massimo per i non specialisti, si può dire che la tendenza è quella di considerare gli strati più profondi come i più vecchi.

Il grande merito di Guy Berthault, contestato naturalmente da molti specialisti della materia, è quello di aver studiato sperimentalmente a Marsiglia (Istituto di Meccanica dei Fluidi), alla Colorado State University (laboratorio di idraulica di Professore Pierre Julien) e ora in Russia (Istituto di Idrologia di San Pietroburgo), il fenomeno di sedimentazione (laminazione e stratificazione), cosa che non era stata fatta precedentemente. Lo studio del deposito degli strati sedimentari dovuti all’erosione delle rocce con o senza corrente mostra chiaramente che il metodo di stratificazione dipende essenzialmente dalla grandezza delle particelle (granulometria) e non dal tempo. Inoltre la velocità della corrente che trasporta le particelle è il fattore da prendere in considerazione per determinare con precisione il tempo per depositare i sedimenti, nettamente inferiore al tempo geologico attribuito attualmente. Questi studi sono stati pubblicati nelle riviste specializzate internazionali consultabili nel capitolo scritto da Guy Berthault.

Tornando ad alcune critiche formulate sulla stampa italiana, queste si sono focalizzate ingiustamente sulla persona del vice presidente del CNR. Egli, in realtà, ci ha permesso, grazie alla sua reale tolleranza, di organizzare un confronto rispettoso e ben documentato sul tema particolarmente difficile dell’evoluzione. Ma queste critiche non hanno affrontato il problema di fondo spiegato nel libro. Gli scienziati hanno normalmente l’obbligo di analizzare oggettivamente i fatti scientifici riproducibili che vengono loro presentati e la possibilità di criticare le ipotesi esplicative che ne derivano e che purtroppo sono spesso difese dal loro autore in un clima passionale.

La storia delle scienze è piena di queste dispute virulente riportate nella letteratura. Dopo l’anno di Darwin, che ha dato il via a numerose conferenze e mostre di ogni genere, è necessario un vero dibattito scientifico, argomentazione contro argomentazione., e potrebbe essere utile per rimettere in gioco la verità scientifica e definire una prospettiva intelligente per progredire validamente nella conoscenza del mondo vivente, base indispensabile della nostra sopravvivenza.

FONTE: Prof. P. Rabischong, LEPANTO, n. 180, Gennaio 2010, pp. 21-24
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