«Pregate il Padrone della messe perché mandi operai nella sua messe» (Mt 9,38).
Dalle parole divine di Gesù appare evidente che il dono delle vocazioni è legato alla preghiera, è frutto della preghiera. Si può dire senz’altro che la preghiera è la genitrice delle vocazioni. Ogni altro mezzo, ogni altra industria, ogni altra cura e premura per ottenere vocazioni, non valgono né possono mai sostituire la preghiera, la vera genitrice di ogni vocazione.
Si può anche dire, senz’altro, che là dove ci sono vocazioni è segno che c’è preghiera, mentre là dove non ci sono vocazioni è segno che non c’è preghiera o non ce n’è a sufficienza.
Nelle famiglie, nei seminari, nei conventi, nei monasteri, negli Ordini e nelle Congregazioni, se non ci sono vocazioni o ci sono soltanto con il contagocce, è segno che la preghiera è poca o insufficiente, e segno che l’orazione ha ceduto il posto all’azione, con il risultato di perdere solo tempo; è segno che, anziché pregare, si preferisce battere le vie dell’attività cosiddetta vocazionale (piani, centri, studi, ricerche, esperienze.. ).
Quanto si è ingenui! Vogliamo forse saperne noi più di Gesù? Se Lui ci ha raccomandato solo la preghiera per ottenere; vocazioni, non è forse evidente che la preghiera è sostanziale, mentre tutto il resto è solo marginale?
S. Massimiliano M. Kolbe diceva: «L’attività è buona cosa, ma rispetto alla preghiera è secondaria e ancora meno che secondaria…». E proprio lui dimostrò la fecondità primaria della preghiera edificando due Città dell’Immacolata con schiere foltissime di frati.
Con la preghiera al primo posto, con la preghiera intensa, lunga, sofferta, si possono anche usare altri mezzi, per aiutare le vocazioni; ma senza la preghiera o con la preghiera a scartamento ridotto, tutti gli altri mezzi faranno solo fiasco più fiasco.
Non per niente, uno specialista in materia, il Servo di Dio P. Annibale di Francia, fondò l’Istituto «Rogate», ispirandosi appunto alla frase di Gesù: «Pregate il Padrone della messe…». La fioritura di vocazioni apparve evidente, in rapporto immediato con l’abbondanza della preghiera.
Vogliamo altri esempi della fecondità dell’orazione in fatto di vocazioni ?
Chiediamoci: perché i grandi Patriarchi e Fondatori – S. Benedetto e S. Bernardo, S. Francesco e S. Chiara, S. Domenico e S. Ignazio, S. Teresa e S. Alfonso, Madre Teresa di Calcutta – hanno avuto tante vocazioni? Come hanno fatto?… La risposta fondamentale è una sola: si sono messi anzitutto in ginocchio a pregare, essi e i loro compagni: pregavano a lungo, per ore e ore ogni giorno, sempre ardenti e penitenti. Era anzitutto vita di preghiera la loro vita. «Le ore più importanti nelle mie comunità – diceva Madre Teresa di Calcutta – sono le quattro ore di preghiera comunitaria ogni giorno». E i frutti della preghiera sono le vocazioni.
Ma chiediamoci ancora: come hanno fatto molte famiglie cristiane ad avere una e anche più vocazioni? La risposta è ancora la stessa: molta preghiera genera vocazioni.
Al principio del secolo scorso, ogni giorno una giovane signora faceva un’ora di adorazione al SS. Sacramento, per ottenere che almeno qualcuno dei figli che le nascevano – e ne nacquero dieci – si consacrasse a Dio. Perseverò per anni e anni in questa ora di adorazione giornaliera. Ebbene: su dieci figli, nove si consacrarono al Signore e tra essi ci fu colui che divenne celebre cardinale, e scrittore, il Card. Nicola Patrizio Wiseman, autore dello splendido libro Fabiola.
Un’altra signora, anch’essa inglese, fece ugualmente, per venti anni, un’ora di adorazione al SS. Sacramento, perché il Signore le concedesse figli e figlie consacrati a Lui. Sapeva bene che ogni vocazione è una sorta di miracolo, e per questo perseverava con coraggio nella preghiera giornaliera.
Quali i frutti? Le cinque figlie si fecero suore della carità; sei degli altri otto figli divennero sacerdoti, dei quali due furono Vescovi e uno Cardinale di Londra, il Card. Umberto Vaughan, venerato anche dagli anglicani. Il figlio cardinale, parlando della mamma, rivelò che era un modello di sublimi virtù, innamorata particolarmente del S. Cuore, dell’Eucaristia, della Madonna. Egli stesso ricordava di averla vista in ginocchio, per ore intere, davanti al SS. Sacramento: e questo esempio edificava profondamente tutta la famiglia. Chi può dire, inoltre, a quante preghiere nascoste, ignote, non si debbano tante vocazioni sbocciate qua e là, anche dove nulla sembrava favorirle? Potenza della preghiera che opera invisibilmente là dove Dio vuole!
A questo proposito, sull’Osservatore, Romano del 24 maggio 1929 apparve una testimonianza impressionante su Mons. Ketteler, Vescovo di Magonza: «Celebrando la S. Messa in un monastero, Mons. Ketteler, vescovo di Magonza (1811-87), rimase stranamente colpito, nel distribuire la S. Comunione, alla vista di una suora. Quel sembiante gli era apparso altre volte, ma in circostanze diverse.
Finita la Messa, espresse il desiderio di parlare alla Comunità: tutte le religiose si adunarono in coro; ma il Vescovo non vi ritrovò quella che tanto l’aveva impressionato. Chiese se tutte fossero presenti, e seppe che mancava una vecchia suora, che lavorava in cucina, e desiderava essere dispensata dalle visite.
Venne chiamata, e comparve quando le altre si erano già allontanate. Interrogata come potesse rendersi ancora utile alle anime, rispose che il lavoro di cucina l’assorbiva tutta: ma che offriva a Dio le sue azioni e sofferenze: un’ora per il Papa, una per il Vescovo, una per le Missioni; e che, a notte inoltrata, dedicava un’ora per la conversione di quei giovani intelligenti che sarebbero stati chiamati al sacerdozio, ma che trascurano la loro vocazione.
Ancora più impressionato, il Vescovo esorta la Suora a continuare il suo meritorio apostolato e la congeda, benedicendola. Poi narra alla Superiora: – «Io debbo la mia conversione da una vita frivola a questa Suora. Una notte, nella foga della danza e dell’eccitazione, vidi improvvisamente dinanzi un volto che mi fissava con intensa pietà. Ne rimasi sbalordito. Meditai su quella strana apparizione, compresi la leggerezza del mio operare, e cambiai vita entrando in seminario. Stamane, nel distribuire la Comunione, ho riconosciuto inaspettatamente le sembianze, apparsemi in quella notte, proprio nell’ora nella quale essa prega per i giovani leggeri, che trascurano la loro vocazione. Lasciamola nell’ignoranza del gran bene che mi ha fatto. Essa non ha bisogno di incoraggiamenti, per continuare nel suo fruttuoso apostolato».
Quanto è importante, quindi, pregare per le vocazioni, anche senza sapere a chi gioverà la nostra orazione!
Qualcuno potrebbe chiedere: chi non ha la vocazione, può pregare per ottenere la vocazione a se stesso? Certamente. Se la vocazione è un dono speciale, Dio può farlo in ogni momento, a qualunque età. Basti pensare a tutti coloro che hanno cominciato a seguire Gesù da adulti più che maturi.
In particolare, però, c’è da pensare a tutti quei giovani (anche già maturi) incerti e vacillanti, che non si risolvono mai a prendere una decisione, perché dicono di non riuscire a sapere con sicurezza quale via prendere, quale stato di vita abbracciare: sposato? Prete? Monaco? Frate? Suora? Contemplativa? Missionaria?… Che confusione, e che martirio! E un’altalena di stati d’animo tutti incerti. Che cosa tare? E necessario liberarsi presto da tale situazione, perché altrimenti si corre davvero il grave rischio di restare per tutta la vita in quell’altalena perenne. Ma come liberarsi ?
Si ascolti il suggerimento di un grandissimo maestro di vocazioni, S. Alfonso de’ Liguori. Egli consiglia a questi tali di ritirarsi in un monastero o in un convento, per otto o dieci giorni di intensa preghiera.
Nel raccoglimento e nella meditazione, innalzino ogni giorno ferventi suppliche al Signore e alla Madonna. «Mostrami, Signore, la tua via, perché nella tua verità io cammini» (Sal 85,11), «Fammi conoscere la strada da percorrere… Insegnami a compiere il tuo volere» (Sal 142,8,10).
Alla fine dei giorni di preghiera prendano una risoluzione, quale che sia, e la mantengano perché è frutto della preghiera, e il Signore non permette che si resti ingannati dalla preghiera.
«Se non sei chiamato, fa’ in modo che tu sia chiamato», insegna S. Agostino. E così. La lunga preghiera può ottenere questo, e talvolta lo ottiene anche in maniera sorprendente, come avvenne a un giovane americano, di cui parlò l’Osservatore Romano del 31 luglio 1954: «Un giovane americano sulla ventina, già capitano dell’esercito, laureato della Scuola di Commercio di Fordham, con una buona posizione alla Ceneral Motors ove percepiva uno stipendio molto allettante, frequentò un piccolo ritiro spirituale presso i Padri Trappisti.
Il primo giorno disse a un compagno: – Questo non è certo posto per me.
Il secondo giorno fece questa osservazione: – Beh, dopotutto, non è mica tanto male!
Il terzo: – Bisogna che vada a trovare l’Abate.
Il quarto giorno venne da me. Gli spiegai la vita del convento e specificai: – Caro Enrico, per dormire la notte, posso offrirti un solo materasso di paglia, collocato su due tavole di legno. Noi ci corichiamo alle 7 di sera, per alzarci all’1 e mezzo di notte. La domenica ci alziamo prima, perché cantiamo tutti i responsori alle lezioni di Mattutino.
Come religioso di coro passerai 6-7 ore al giorno in chiesa, per l’Ufficio cantato e la Messa conventuale… C’è poi un tempo dedicato alla lettura spirituale e alla preghiera privata. Anche se diventi Sacerdote, dovrai sbrigare il lavoro manuale nei campi o nell’officina, come l’Operaio di Nazaret. In altre parole, dovrai fare un olocausto completo di te stesso a Gesù.
E conclusi: – Vedi, Enrico: non si tratta di dare il 95% e neppure il 99,50%, ma il 100%.
Enrico rispose: – Voglio darmi al cento per cento: voglio dare tutto. Questo pensiero ferve nell’anima mia. Tornerò qui fra sei mesi -.
Tornò dopo tre mesi».
Infine, dobbiamo anche aggiungere che la preghiera è necessaria, è indispensabile per un’altra cosa, ossia per conservare la vocazione fino alla morte. « Tieni saldo quello che hai, perché nessuno ti tolga la corona» (Ap 3,11). Ma da chi può venire la «saldezza» se non dal Signore? «Sulle tue vie – prega il Salmista – tieni saldi i miei passi e i miei piedi non vacilleranno… » (Sal 16,4).
Se tanti consacrati avessero perseverato nella fedeltà alla lunga preghiera quotidiana, non avrebbero mai tradito il loro Signore.
L’amore si nutre d’amore. L’amore personale si nutre di amore personale. La vocazione è amore personale da parte di Gesù che sceglie. La preghiera è l’incontro, il rapporto di amore personale con Gesù da parte dell’eletto. Se manca questo rapporto, l’amore si esaurisce, si spegne, la vocazione non può più reggersi.
Per questo si può ben dire che la celebre massima di S. Alfonso de’ Liguori: «Chi prega si salva – chi non prega si danna», va applicata particolarmente ai consacrati, così: «Chi prega conserva la vocazionechi non prega la perde».
Con la preghiera la vocazione è al sicuro non solo, ma diventa sempre più solida, come vuole e ci raccomanda S. Pietro: «Fratelli, cercate di rendere sempre, più sicura la vostra vocazione e la vostra elezione» (2 Pt 1,10).
Giovane che leggi, rifletti nel tuo cuore. Perché non fai una prova anche tu? Forse non l’hai mai fatta. Mettiti a pregare con intensità. Magari cerca un luogo di raccoglimento e impegnati in un’esperienza di preghiera eccezionale, perché tu possa ricevere la luce dall’alto e veder chiara la tua via. Ricordati che è necessario pregare il Signore «perché ci indichi le sue vie e noi possiamo camminare per i suoi sentieri» (Is 2,3). Solo Gesù è la Via al Regno dei cieli. «Guardate a Lui e sarete raggianti» (Sal 33,6). Nella preghiera potrai scoprire la tua anima radiosa come «eletta del Signore».
Fonte: VIENI E SEGUIMI, Padre Stefano M. Manelli