11° giorno: Il “Messia” in esilio

L’arrivo di Gesù in Egitto e la sua permanenza per un certo tempo – forse per un paio d’anni – non poteva non arrecare molte benedizioni a quella terra così ricca di ricordi biblici per la lunga presenza, in essa, del popolo eletto, – il popolo di Israele – da cui, appunto, sarebbe nato Gesù, il Messia liberatore e redentore dell’umanità intera.

Difficoltà e disagi non mancarono di certo per la povera Sacra Famiglia, con quel piccolo neonato bisognoso di cure e attenzioni particolari per la sua fragilità. Vien da pensare, per questo, ai dispiaceri della Madonna nel non poter dare a Gesù Bambino più sollievi e attenzioni; Ella poteva soltanto cullarlo tenerissimamente, stringerlo al petto e coprirlo di caldissimi baci materni; per ogni altra cosa, del resto, si può essere certi che, pur fra molti disagi, con san Giuseppe Ella confidava e sapeva mirabilmente accettare ogni cosa dalle mani di Dio, offrendo tutto per il compimento della missione redentrice.

Per l’Egitto, frattanto, fu grande grazia l’arrivo del Messia in esilio. Nella Liturgia dei Copti, infatti, l’arrivo di Gesù con la Madonna e san Giuseppe in Egitto è celebrato come una festa propria degli egiziani, perché l’esilio di Gesù non poteva non essere provvidenziale per introdurre in Egitto la religione cristiana. Ed è importante rilevare il particolare della devozione alla Madonna, da parte dei copti, i quali attribuiscono tutti i frutti dell’espansione del Cristianesimo in terra egiziana alle benedizioni che Ella elargì durante il tempo dell’esilio.

Nella celebrazione liturgica dei copti, per la festa dell’arrivo di Gesù con la Madonna e san Giuseppe in Egitto, vengono espressi i due motivi di gioia dell’esilio del Messia, ossia: 1) L’esilio è servito a salvaguardare la vita del neonato Messia dalla ferocia di Erode; 2) L’arrivo di Gesù in Egitto è servito a distruggere tutti gli idoli che si trovavano nell’Egitto, secondo quella profezia che diceva: “Ecco, il Signore verrà su una nube leggera ed entrerà in Egitto, e cadranno gli idoli dell’Egitto di fronte a Lui”.

Per questo, nella Santa Salmodia annuale della Liturgia copta, si canta con fervore, da tutti: «Gioisci e allietati, o Egitto, con tutti i tuoi figli e tutte le tue città, poiché venne da te l’amante degli uomini, colui che è prima di tutti secoli. Il grande Isaia disse: “viene il Signore in Egitto su una nube leggera, egli è il re del cielo e della terra” (Is 19,1)».

Anche la Liturgia bizantina, nella sua ricchezza, celebra la Madre di Dio che fugge in Egitto con il Bambino e san Giuseppe, cantando, nel celebre Inno Akatistos, tutto il bene che il Messia in esilio, con la Madre divina, operò nella terra d’Egitto: «Irradiando all’Egitto lo splendore del vero, dell’errore scacciasti la tenebra: gli idoli allora, o Signore, fiaccati da forza divina, caddero; e gli uomini, salvi, acclamavano la Madre di Dio: “Ave, riscossa del genere umano; ave, disfatta del regno d’inferno…”».

La Liturgia latina, infine, ha unito l’evento della fuga in Egitto con gli altri due eventi del ritorno della Sacra Famiglia dall’Egitto e della sistemazione della Sacra Famiglia a Nazareth, ricordando i tre eventi evangelici con l’unica celebrazione della Festa della Sacra Famiglia: occasione buona, questa, per presentare a tutte le famiglie la Sacra Famiglia quale modello ammirabile di fedeltà perfetta alla Volontà di Dio, soprattutto nei tempi di travagli e di sofferenze da saper offrire per se stessi e per gli altri.

Le sofferenze e i dolori della Madonna nell’affrontare serenamente, con san Giuseppe, i duri travagli dell’esilio, a salvaguardia della vita del neonato Messia, erano ben compensati, in effetti, dai frutti di grazia che produceva la presenza del Verbo Incarnato anche in quella terra di esilio: frutti di grazia a vantaggio dei poveri egiziani, che erano bisognosi proprio di chi fosse in grado di «chiudere la bocca a tutti gli eretici», come si esprime un testo dell’antica Liturgia bizantina. Ancora più importante per la Chiesa, infine, è stata la scoperta della più antica preghiera mariana – Il Sub tuum præsidium – trovata appunto in Egitto su un papiro dei primi secoli del Cristianesimo.

La preghiera esprime il ricorso e la fiducia nella Madre di Dio che non respinge mai le nostre preghiere: «Sotto la tua protezione troviamo rifugio, santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, e liberaci da ogni pericolo, o vergine gloriosa e benedetta!».

Meditando su tutto l’evento doloroso della fuga e dell’esilio della Sacra Famiglia in Egitto, si apprende molto bene la fecondità del dolore e della preghiera, particolarmente alla scuola della divina Madre Addolorata che di giorno in giorno, di ora in ora, non cessa mai di compiere la sua materna missione di Corredentrice per noi. Ed è proprio così.

Per questo, ricorriamo alla Madonna nostra Corredentrice, con la preghiera filiale, confidando che Ella ci salverà: «Quanti – scriveva san Gabriele dell’Addolorata al papà – con 7 Ave Maria, con uno “Stabat mater”, con una coroncina [all’Addolorata], sono stati cavati perfino dalle mani del diavolo».

PREGHIERA CONSIGLIATA: Corona dei Sette dolori della Beata Vergine Maria

FONTE: Settembre, Mese dell’Addolorata, P.Stefano M. Manelli, 22 agosto 2013, © Casa Mariana Editrice.
(La traduzione, l’adattamento totale o parziale, la riproduzione con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm, i film, le fotocopie) nonché la memorizzazione elettronica, sono riservati per tutti i paesi.)
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