17° giorno: Il Figlio e la Madre si immolano

Può essere edificante un episodio che aiuta a capire bene quale fu il sacrificio compiuto da Gesù Redentore e da Maria Corredentrice nell’immolarsi per la Redenzione universale a salvezza dell’intero genere umano, rovinato dalla terribile caduta dei nostri Progenitori, Adamo ed Eva, nel giardino dell’Eden, all’alba della creazione dell’uomo.

Si racconta di una mamma che, avendo saputo segretamente che il suo figlio partiva missionario alla volta della Cina, corse al porto per dargli l’ultimo saluto. Il figlio che non aveva avuto il coraggio di dirglielo e di sostenere lo strazio dell’addio, appena vide la mamma, le corse incontro, l’abbracciò ed esclamò: «Mamma, se vuoi che io resti, resterò».

La madre, superando se stessa, pensando all’incontro di Gesù e Maria sulla via del Calvario, rispose: «No! Non ho diritto di fermarti! Il Signore ti chiama, e a Lui faccio il sacrificio, come lo fece la Vergine Santa quando incontrò il Figlio sulla via del Calvario, e lo lasciò andare a morire! Parti con la mia benedizione, e tu lasciami la tua!».

Eroismo sublime! Che ricorda il sacrificio e il dolore della Vergine Santa lungo la via del Calvario! Riflettendo sull’incontro doloroso del Figlio e della Madre lungo la strada che mena al monte Calvario, viene da chiedersi: perché Gesù è solo solo, senza avere nessuno degli Apostoli vicino in quelle ore tenebrose del processo e della condanna?

San Giovanni evangelista è l’unico degli Apostoli che sta accanto alla Madonna, al seguito di Gesù caricato della pesante croce; ma gli altri Apostoli dove si trovano, a parte l’empio e sciagurato Giuda Iscariota che, disperato del tradimento fatto a Gesù, andò ad impiccarsi? Il Vangelo ci dice che tutti gli altri Apostoli «se ne fuggirono» (Mt 26,56) quando Gesù fu preso e legato dai soldati nell’orto degli ulivi, al Getsemani.

Fu cosa veramente triste, in quell’occasione, la fuga degli Apostoli sgomenti, che lasciarono Gesù solo solo tra quella soldataglia agli ordini degli scribi e dei farisei accecati dall’odio verso di Lui, decisi a fare di tutto affinché Lui venisse condannato alla morte più infamante: la Crocifissione!

Ma quella “fuga” degli Apostoli non è forse simbolo della “fuga” di noi tutti quando preferiamo il peccato alla rinuncia e al sacrificio, quando rifuggiamo dalla sofferenza preferendo il nostro interesse e il nostro comodo, quando cediamo agli allettamenti della nostra triplice concupiscenza «la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi, la superbia della vita» (1Gv 2,16) – anziché crocifiggere «la nostra carne con le sue concupiscenze», come insegna san Paolo (Gal 5,24)?

Quante fughe, quante viltà, quanti tradimenti, quanti rinnegamenti riempiono la nostra vita di cristiani incoerenti e scadenti! Siamo facili a valutare severamente la “fuga” degli Apostoli che lasciano Gesù solo fra le sofferenze e le offese, fra gli oltraggi e la condanna alla Passione e Morte con la Crocifissione, ma che cosa facciamo noi, di fatto, con i nostri peccati? Non è forse vero che noi con i nostri peccati «ricrocifiggiamo Gesù nei nostri cuori», come è scritto nella Lettera agli Ebrei (6,6)?

Sono proprio i nostri peccati quella croce che Gesù porta faticosamente sul Calvario, quella croce sulla quale Egli morirà crocifisso per la nostra salvezza! Ma, invece di stare vicini a Gesù che porta la croce e di seguirlo lungo la via Crucis, come ha fatto la sua e nostra divina Madre, noi, come gli Apostoli, scegliamo la “fuga”: Egli va a morire per noi e invece noi, anziché andare «a morire con lui», come disse una volta Tommaso, uno degli Apostoli (Gv 11,16), ci diamo vilmente alla “fuga”! Non dovremmo, per questo, chiedere davvero perdono con lacrime cocenti e impegnarci a portare anche noi la croce camminando accanto alla Madre Addolorata, dietro Gesù Redentore?

Questa era anche l’esortazione di san Pio da Pietrelcina ai figli spirituali, quando diceva che sulla via del Calvario vedeva «venire immediatamente appresso a Gesù la nostra Santissima Madre, la quale in tutta la perfezione segue Gesù, carica della propria croce», raccomandando perciò: «Associamoci sempre a questa sì cara Madre: usciamo con essa appresso a Gesù fuori di Gerusalemme».

Edificante e istruttivo è l’episodio di san Massimiliano Maria Kolbe, il quale, in un venerdì della settimana di Passione, Festa dei Sette Dolori di Maria Corredentrice, durante un viaggio sulla nave, tra i flutti tempestosi dell’oceano, ringrazia l’Addolorata per i dolori che gli sono venuti: «Soffrivo assai. I flutti sbattevano la nave, mi sentivo debole, sono rimasto disteso per molto tempo; mi pareva di venir meno […], poi è sopraggiunto un sudore freddo e i vomiti del mal di mare. Chi li ha provati sa che, quando non c’è più nulla da vomitare, si sente come una lacerazione interna.
Il mal di testa non si calmava […]. Unico sollievo era l’invocazione mentale frequente, molto frequente, del SS. nome di Maria…».

Impariamo ad imitare i Santi. Preghiamo anche noi, perciò, con le parole di sant’Alfonso de’ Liguori, il quale così si rivolge e chiede all’Addolorata la grazia di saper portare con pazienza le numerose croci di ogni giorno: «Madre mia Addolorata per il merito di quel dolore che sentiste nel vedere il vostro amato Gesù condotto alla morte, impetratemi la grazia di portare con pazienza anche io quelle croci che Dio mi manda. Beato me se saprò anch’io accompagnarvi con la mia croce fino alla morte. voi e Gesù innocente avete portato una croce molto pesante, ed io peccatore, che ho meritato l’inferno, ricuserò la mia? Ah, vergine Immacolata, da voi spero soccorso per soffrire con pazienza le croci! Amen».

PREGHIERA CONSIGLIATA: Corona dei Sette dolori della Beata Vergine Maria

FONTE: Settembre, Mese dell’Addolorata, P.Stefano M. Manelli, 22 agosto 2013, © Casa Mariana Editrice.
(La traduzione, l’adattamento totale o parziale, la riproduzione con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm, i film, le fotocopie) nonché la memorizzazione elettronica, sono riservati per tutti i paesi.)
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