A proposito di questo tratto conclusivo della Passione di Gesù sul monte Calvario, il pio padre Abbatelli, alle prime pagine della sua lunga meditazione, ha voluto offrirci un commento con questa riflessione densa di sofferta visione del valore superno dell’intero dramma della Passione e Morte del Redentore inseparabilmente unito alla sua divina Madre Corredentrice.
Scrive infatti l’Abbatelli, con parole semplici, ma piene di luce e di calore: come Gesù Cristo «volle fare la prima comparsa in terra da nudo Bambino sulla paglia con una vergine che Lo guardava, Lo nutriva, Lo donava al mondo; così fa questa suprema comparsa in croce da nudo giustiziato con la stessa vergine che Lo compatisce, e divide con Lui gli infiniti suoi dolori. Come Maria fu la prima adoratrice dell’uomo-Dio, quando sull’altare del presepe offriva al Padre il sacrificio mattutino; così oggi è la prima a contemplarlo, e adorarlo sull’altare della croce, ove Egli offre il sacrificio vespertino della sua vita. no, questo addolorato Redentore non può mai separarsi da questa addolorata Corredentrice. La crocifissione del Figlio s’incentra, s’immedesima nelle pene della Madre. Da quel monte partono, e su quel monte si identificano tutti i lacrimevoli misteri di Gesù e di Maria» (p. 253).
Certo, arrivato sul monte Calvario, Gesù, prima della crocifissione, è stato sottoposto ad altri maltrattamenti tutt’altro che poco dolorosi da parte dei facinorosi incaricati di eseguire la sua condanna alla crocifissione. E la Madre sua Addolorata, arrivata poco dopo sul Calvario, ha potuto assistere di persona ai maltrattamenti nei riguardi di Gesù, che già era stremato di forze con la perdita di tanto sangue sia nella flagellazione e coronazione di spine, sia lungo il doloroso viaggio al Calvario, portando la pesante croce su di sé.
Per prima cosa, infatti, Gesù sul Calvario è stato subito spogliato delle sue vesti per essere crocifisso nudo, a suprema umiliazione del condannato.
Ma già lo strappo delle vesti, tirate giù con mani selvagge, provocando aperture di ferite, squarci di piaghe, fuoruscite di sangue con brani di pelle, fu uno spettacolo di dolore atroce soprattutto per la divina Madre che non poteva non inorridire a quella vista, impotente a fare nulla, Ella, per impedire tanto oltraggio e tanta carneficina per il corpo santissimo di Gesù.
Una cosa tuttavia non trattenne la Madre dal muoversi e dal fare qualcosa quando vide il suo Gesù tutto denudato esposto alla derisione del popolo: a quel punto, come scrive il pio padre Abbatelli, la Madonna subitamente «si toglie il bianco velo del capo, si caccia nella folla dei sanguinari, e si presenta riverente al Figlio per cingergli con esso gli scarniti lombi. Lo rivelò Ella medesima a sant’Anselmo: “Preso il velo del mio capo, glielo avvolsi attorno ai lombi” (velamen capitis mei accipiens, circumligavi lumbis suis)» (p. 259). Pensiero materno, questo, di suprema delicatezza e attenzione per il Figlio.
Poi ci fu la crocifissione delle mani e dei piedi: fra martellate, urla e sangue che fuoriusciva a fiotti, i chiodi penetrano nelle mani e nei piedi lacerando pelle, carne, ossa, nervi, tendini, provocando dolori così atroci da far impazzire o morire di dolore. La divina Madre guarda, muta e disfatta, mentre non può non sentire su di sé quelle martellate e quei chiodi crocifiggenti. Come diceva sant’Agostino: «La croce e i chiodi del Figlio furono anche della Madre; insieme a Cristo crocifisso veniva crocifissa anche la Madre», e san Bonaventura spiega con parole piene di luce che sulla Croce «il Figlio veniva crocifisso con la Madre, e per la mutua dilezione la passione del Figlio era la passione della Madre».
Chi potrà mai dire tutta la sequenza di sofferenze terribili che straziarono il cuore della divina Madre alla vista di quelle scene? Eppure, Ella rimase sempre ferma e salda accanto a Gesù soffrendo la devastazione della sua anima trapassata da quei dolori, da quelle spade affilate, penetranti e laceranti come i chiodi che penetravano e laceravano il corpo del suo divin Figlio. Ella era davvero la divina Madre Corredentrice concrocifissa con il Figlio Redentore. Nessuno avrebbe potuto mai separarli in quell’ora suprema del sacrificio.
E «chi potrebbe contare – scrive san Giovanni Eudes – tutti i dolori violentissimi e tutte le piaghe sanguinosissime di cui il Cuore materno della Madre di Gesù è stato trafitto, durante tutta la sua vita e specialmente al tempo della Passione del Figlio suo?
I Padri dicono chiaramente che la Madre del Salvatore ha cooperato con Lui in una maniera specialissima a questa grande opera della nostra Redenzione.
Ed è anche per questo che questo adorabile Redentore, parlando a santa Brigida – le cui rivelazioni sono approvate dalla Chiesa – le dice che Lui e la sua Santissima vergine avevano lavorato unanimemente, uno Corde, alla salvezza del genere umano».
E non dobbiamo anche noi essere uniti a loro, che soffrono per noi? Nello Stabat Mater, infatti, il beato Jacopone da Todi chiede all’Addolorata proprio questa grazia: «Santa Madre, deh voi fate, che le piaghe del Signore siano impresse nel mio cuore». Dobbiamo e vogliamo anche noi partecipare al Sacrificio redentore uniti alla Madonna Addolorata
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Ma – ricordiamolo bene! – quel Sacrificio redentore sul Calvario è lo stesso Sacrificio che si rinnova ad ogni celebrazione della Santa Messa sui nostri altari: orbene, per partecipare bene al Santo Sacrificio dell’altare non c’è nulla di meglio che unirsi alla divina Madre Addolorata, come raccomanda san Pio da Pietrelcina scrivendo questo pensiero: «Se vuoi assistere con devozione e con frutto alla santa Messa, pensa alla vergine Addolorata ai piedi del calvario».
Ed è per questo che san Giovanni Bosco raccomandava ai suoi cento e cento ragazzi di recitare l’Ave Maria, durante la consacrazione nella Santa Messa, per stare tutti stretti all’Addolorata, proprio ai piedi della Croce!
E non è forse questa la più vera e intima partecipazione di amore e di dolore al Sacrificio redentore che si rinnova sacramentalmente in ogni Santa Messa?
PREGHIERA CONSIGLIATA: Corona dei Sette dolori della Beata Vergine Maria