25° giorno: La “Pietà” è la somma dei dolori!

Meditando sulla dolorosa contemplazione che la Madonna faceva guardando il Figlio crocifisso appena deposto dalla Croce e poggiato sulle sue ginocchia materne, il pio Abbatelli così si rivolge e parla alla Madonna Addolorata in una delle tante pagine di amore contemplativo scritte nel suo prezioso libro, La Passione della vergine Addolorata, così ricco di approfondite meditazioni e discorsi sul mistero ineffabile della nostra Redenzione operata dal Figlio Gesù, il Redentore, e dalla Madre Corredentrice.

Contemplando il Figlio esanime deposto dalla Croce, «non vi sentivate allora perforare da quelle spine, – scrive l’Abbatelli, rivolgendosi direttamente alla Madonna con accenti appassionati di amore e infuocati di dolore – lacerare da quegli squarci, trafiggere da quelle trafitture, oscurare la vista da quelle spente pupille, e cadere esanime sopra di Lui senza potere con Lui morire?
Oh sì, purtroppo quel sangue di cui rosseggiavano le vostre dita nel toccarlo, quel sangue di cui rosseggiavano le vostre labbra nel baciarlo, portava e scolpiva nel vostro Cuore tutto lo sfacelo delle straziatissime sue membra. Talché l’immagine visibile delle piaghe rimaste impresse nella santa Sindone, fu appena l’ombra di ciò che egli stesso operò invisibilmente nel vostro petto, quando lo serraste morto fra le vostre braccia. Sicuramente la mano dell’amore tornò a versare allora nella vostra anima tutto ripieno quel calice, che avevate sorbito a poco a poco.

E davvero, in tutto il tempo della Passione l’amante vergine partecipò intimamente a tutti i supplizi del suo Figlio. Ma la differenza è in ciò: che i di Lei patimenti finora erano successivi ed aggravanti come successive e crescenti erano le fasi della Passione. Di ora in ora si inventavano strane maniere di travagliare il paziente Gesù con strazi nuovi; e di ora in ora si avvicendavano quegli strazi nel petto di Maria.

Ma nell’attuale posizione Ella discerne in un colpo d’occhio quanto mai di atroce aveva udito e visto in quella giornata. Adesso le sue facoltà visiva, uditiva e tattica sono colpite dall’oggetto lacrimevole, che tiene sulle sue ginocchia; il quale tutta le rammenta la scala sanguinosa da sé percorsa: funi, schiaffi, sputi, ignominie, flagelli, spine, condanna, cadute, calci, nudità, fiele, aceto, chiodi, croce, lancia. Quindi non vengono più i tormenti ad uno ad uno, ma vengono ad assalirla tutti assieme. Le ondate della Passione fanno adesso irruzione simultanea in seno a Lei, portando nel suo petto raddoppiata quell’ambascia, che finora vi si cumulava di istante in istante. Rimane Ella sommersa in fondo a quell’amarissimo oceano, che solcò dalla sera antecedente fino a questo lugubre tramonto della Parasceve.

E qual nome aggiungeremo a questo immenso cumulo di Dolori, che crucciano la nostra appassionata Madre? Se la Passione di Gesù tutta si riproduce, si rinnova nel penante cuore di Maria, e ciascuna piaga sembra per Lei, che or ora si apra la prima volta: ah!
Dunque benché il nostro sguardo non possa penetrare i profondi misteri di pena, che Ella soffre tenendosi abbracciata al Figlio, possiamo almeno concludere nel nostro doloroso stupore, che qui l’agonizzante Madre sopporta una contemporanea riproduzione di tutti i tormenti del Figlio. E sarà sempre un problema se abbia patito più Cristo nel suo corpo, ovvero più Maria nel suo Cuore» (pp. 343-346).

Il beato Claudio Granzotto, frate minore e scultore di gran pregio, nutriva una filiale devozione per la Vergine Santa.
Nel 1944, dopo l’orribile bombardamento di Treviso, il beato Claudio si trova sulle macerie della Chiesa dell’Ausiliatrice. Sopra un brandello di muro, rimasto in piedi, troneggiava la statua della Madonna, risparmiata dalla catastrofe. Fra Claudio disse agli astanti, con voce ispirata:
«Quel la statua della vergine che regge il Salvatore tra le braccia, sopra le macerie, sta a dirci che Maria offre al mondo l’unica salvezza: Gesù». Quando volse lo sguardo ai gruppi di uomini e donne che estraevano dalle rovine i corpi dei loro cari, un confratello lesse sul suo viso un indicibile dolore e gli chiese: «Si sente male?». «Sì – rispose –. Penso alla vergine Maria quando le adagiarono sulle braccia il Figlio deposto dalla Croce. Quelle donne che piangono sui corpi martoriati dei loro cari ne sono un’immagine viva e drammatica».

Quante volte a noi capita di fermarci a guardare un’immagine della “Pietà” e di restare indifferenti?
Siamo capaci anche di passare oltre rapidamente, senza neppure una preghiera o una invocazione.
Quanta insensibilità e assenza di amore abbiamo in noi, di cui dovremmo pur liberarci una buona volta!
Conclude perciò molto bene, l’Abbatelli, le sue pagine infuocate, riportando una breve preghiera di sant’Alfonso de’ Liguori che dice con il suo solito fervido trasporto: «o vergine Addolorata, […] abbiate pietà di me che non ho amato Dio e l’ho tanto offeso.

I vostri dolori mi danno gran confidenza a sperare il perdono. Ma questo non basta: io voglio amare il mio Signore, e chi altri mai può impetrarmi ciò meglio di voi?…». E san Gabriele dell’Addolorata, a sua volta, ci esorta a sperare nel perdono e nella salvezza finale al giudizio di Dio se, per il nostro sincero amore all’Addolorata Madre, potremo ritrovarci tutti «alla destra sotto il manto della nostra Corredentrice Maria» (pp. 111-112), vicini a Colei, cioè, che «perdonò ai crocifissori del suo Figlio» (p. 127).

PREGHIERA CONSIGLIATA: Corona dei Sette dolori della Beata Vergine Maria

FONTE: Settembre, Mese dell’Addolorata, P.Stefano M. Manelli, 22 agosto 2013, © Casa Mariana Editrice.
(La traduzione, l’adattamento totale o parziale, la riproduzione con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm, i film, le fotocopie) nonché la memorizzazione elettronica, sono riservati per tutti i paesi.)
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