Commento al Vangelo: II domenica di Quaresima 2015 B

La trasfigurazione di Gesù Cristo

La confessione solenne fatta da san Pietro, per lume divino, della divinità di Gesù Cristo, aveva bisogno di una conferma solenne almeno per gli apostoli che un giorno avrebbero potuto maggiormente illuminare gli altri, e Gesù volle darla con grande solennità, e nello stesso tempo con grande riserbo. Egli condusse con sé, dopo sei giorni, Pietro, Giacomo e Giovanni su di un monte che la tradizione identifica nel Tabor, e si trasfigurò innanzi a loro. Era rivestito di carne umana e di umili vesti, e apparve rifulgente, essendo Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, e con le vesti, rese, per la luce medesima che le inondava, di un bianco così intenso da non potersi paragonare con qualunque candore terreno. Vi erano con Lui Mosè ed Elia che rappresentavano la Legge e i Profeti, i quali discorrevano con Lui.

Quello spettacolo grandioso colmò di timore i tre apostoli, i quali non sapevano più dove fossero; era un timore però calmo e solenne che dava loro, nel medesimo tempo, un senso di felicità incomparabile, per cui san Pietro esclamò che era buona cosa per loro stare in quell’immensa felicità, e propose di elevare là tre tabernacoli, senza capire quel che dicesse. Egli era come trasognato; sentiva la maestà del Signore, e non avrebbe voluto più distaccarsi da Lui. Dio, però, che è infinita Bontà, raccolse anche quel desiderio e subito, rivelandosi da una nube, gli additò il cammino per il quale avrebbe potuto raggiungere eternamente la gloria del suo Figlio esclamando: Questi è il mio Figlio carissimo: ascoltatelo.

Era necessario non elevare su quel monte tre tabernacoli, ma elevarli nell’anima: al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo; era necessario trasfigurarsi sull’esempio del Redentore, rivestendosi di splendore con la grazia e di candore nel santo Battesimo, era necessario che si trasfigurasse la mente con la luce della fede, e il cuore con la rettitudine delle aspirazioni.

La vita del cristiano dev’essere una trasfigurazione continua

La vita del cristiano è, infatti, una continua ascesa e una continua trasfigurazione; non può rimanere nelle bassezze terrene: deve ascendere più alto, fino a Dio; non può contentarsi di una bontà naturale ma deve rivestirsi di virtù celestiali. La Legge di Dio è la sua luce, e i Libri Santi sono l’oggetto dei suoi discorsi spirituali, poiché egli deve meditarli e formare la sostanza della sua vita. Dolorosamente gli uomini, molto spesso, si deturpano nel male, si ricoprono di tenebre, si ammantano di peccato, e si rendono obbrobriosi innanzi a Dio, si trasfigurano a rovescio, e precipitano nell’abisso.

Eppure il Signore ci ha dato tanti mezzi per trasfigurarci in splendore e luce! Ai piedi del sacerdote è presentata l’anima appena inizia il suo pellegrinaggio: è macchiata della colpa originale, e subito, attraverso l’acqua salutare, diventa candida; è senza luce interiore e riceve il dono della fede; è in una valle di lacrime e riceve il dono della speranza; è circondata di cose mortali e riceve il dono della carità che la fa tendere all’oggetto infinito del suo amore.

L’anima debole, che incomincia a operare nella vita, riceve lo Spirito Santo ed è trasfigurata in creatura nuova, dai suoi doni.

L’anima esausta corre alla fonte della vita, si ciba del Pane degli angeli, è posseduta da Gesù Cristo, ed è come trasfigurata in Lui.

L’anima caduta, macchiata di colpe, si umilia, confessa i suoi peccati, si pente, propone di non peccare mai più, ed è nuovamente imbiancata dalla grazia santificante.

Negli ultimi momenti dalla vita riceve un dono di fortezza speciale; nelle ascensioni del suo amore e della sua dedizione a Dio può essere rivestita del carattere sacerdotale, e se non può raggiungere quest’altezza per la sua condizione o perché non chiamata, può ammantarsi di splendore nella fecondità benedetta, e di candida veste nella verginità consacrata al Signore.

Nella preghiera, nel sacrificio, nella carità

L’anima cristiana può trasfigurarsi continuamente; nella preghiera sale sul monte delle elevazioni spirituali, nel sacrificio s’illumina degli splendori della Passione; nella carità riveste la placida luce della divina bontà, nei cui raggi si muove, e dalla quale è vivificata.

Perché, potendoci trasfigurare così in luce d’amore, tante volte ci trasfiguriamo in tenebre infernali? Una povera creatura segnata dal mondo è ammantata di turpitudine e crede di essere rivestita di eleganza, spira fetore e crede di diffondere profumi di attrazioni, corrompe e crede di vivificare, rovina e crede di edificare. O Gesù vita nostra, non permettere che siamo preda di satana, e che siamo abbrutiti dalle sue maligne suggestioni!

La venuta di Elia

Gesù Cristo proibì ai suoi tre apostoli di parlare della trasfigurazione prima della sua risurrezione, anche perché sapeva bene che non solo le turbe ma gli altri apostoli medesimi non vi avrebbero creduto. Essi avevano allora lo spirito annebbiato; consideravano tutto sotto la luce umana, e avrebbero svalutato il fatto come un’illusione, come tentarono svalutare così, poco tempo dopo, la testimonianza che le pie donne diedero della risurrezione. Pietro, Giacomo e Giovanni mantennero il segreto, benché essi stessi avessero capito ben poco di ciò che era avvenuto; scendendo dal monte si domandavano che cosa volesse significare quel che aveva detto loro il Signore: quando sarò risuscitato da morte; non sapevano concepire l’idea della morte e della risurrezione perché non avevano un concetto chiaro dello svolgimento della missione del Messia. Questo, però, non osarono domandarlo a Gesù; essi lo interrogarono invece sulla venuta di Elia che i farisei e gli scribi dicevano dovesse precedere quella del Messia. La trasfigurazione era un argomento troppo eloquente per dire che il Messia era proprio Gesù; ora Elia non l’aveva preceduto, ed era appena per poco tempo apparso sul monte; come si spiegava questo? Gesù rispose, distinguendo una doppia venuta di Elia: una personale, alla fine dei tempi, nella quale egli sarà tormentato a somiglianza del Figlio dell’Uomo, e una figurativa nella quale non Elia precede il Redentore, ma uno che cammina nel suo spirito; questi era Giovanni Battista, già venuto, e già martirizzato dalla perfidia di quelli che gli fecero tutto il male che vollero.

Gli apostoli non interrogarono oltre Gesù; forse la loro mente si confondeva, non sapendo ancora discernere le vie di Dio che sono misteriose e tanto lontane dai nostri comuni apprezzamenti. Chi avrebbe mai potuto supporre che quell’Elia del quale parlavano gli scribi e i farisei era Giovanni? E chi non avrebbe detto fallita la profezia, mentre invece si era realizzata nel suo senso mistico, e si doveva realizzare alla fine dei tempi nel suo senso reale?

Quante cose non intendiamo noi nelle vie di Dio, perché le giudichiamo col criterio umano!

Quante cose ci possono sembrare fallite nei suoi disegni, mentre sono solo realizzate in un piano diverso dalla nostra povera comprensione!

Non siamo facili a giudicare ciò che il Signore opera nei santi; non guardiamo da un lato solo le manifestazioni del suo amore: umiliamoci alla sua presenza e confidiamo in Lui, rimettendogli interamente il nostro povero giudizio e la nostra volontà!

Don Dolindo Ruotolo, Mc 9,2-10

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