Quando gli Apostoli dissero schiettamente a Gesù che, se il matrimonio impone i doveri così gravi dell’unita e dell’indissolubilità è meglio non sposarsi, Gesù rispose senza mezzi termini che la vita consacrata a Dio non è possibile a chiunque, ma solo «a coloro a cui è concesso» (Mt 19,11).
La vocazione alla vita consacrata per il Regno dei cieli, quindi, è un dono speciale, un dono personale, un dono privilegiato concesso da Dio non ai più, ma ai meno. E nessuno può darselo da sé, perché «non voi avete scelto Me – dice Gesù – ma Io ho scelto voi» (Gv 15,16). Anche S. Paolo avrebbe desiderato che tutti gli uomini vivessero come lui nello stato di consacrazione a Dio. Anch’egli arrivò a scrivere: «Non sei sposato?… Non cercare di sposarti!» (1 Cor 7,27), e altrove dice che «sposarsi è bene, non sposarsi è meglio» (1 Cor 7,38). Perché? Perché con la vita verginale il cuore è «indiviso» nell’amare Dio, nel piacere a Lui e nel dedicarsi alle cose divine conservando «la santità del corpo e dello spirito» (1 Cor 7,34).
Tuttavia lo stesso S. Paolo deve concludere che «ognuno resti in quella vocazione a cui è stato chiamato» (1 Cor 7,20), proprio perché i doni più alti non sono per tutti, ma solo per coloro che «Egli stesso vuole» (Mc 3,13).
Gesù, inoltre, ha magnificato il dono della vocazione alla vita verginale consacrata come una realtà del Paradiso, una ricchezza del Regno dei cieli, un anticipo in questo mondo della vita celeste, una incarnazione di vita angelica sulla terra: «I figli di questo mondo si sposano e si maritano… I figli della resurrezione, invece, saranno come gli Angeli di Dio» (Lc 20,34-5).
Ha ragione perciò S. Ambrogio di esclamare: «Se gli Spiriti beati sono i vergini del cielo, i vergini sono gli Angeli della terra»… E ancora: «La verginità che rende l’uomo simile agli Angeli è quel che vi ha di più bello nella natura umana. Ma nei vergini c’è qualcosa che non si trova negli Angeli: questi non hanno corpo, mentre nei vergini è proprio il corpo che diventa lo strumento del trionfo».
E S. Cipriano con pari ardore scrive: «Custodite, o vergini, custodite ciò che siete. Custodite quello che sarete… Voi avete già in questo mondo la gloria della resurrezione».
E questa la realtà di grazia sublime della vita consacrata a Dio, della vita religiosa: le creature diventano «come gli Angeli di Dio nel cielo» (Mt 22,30). E questa angelicità noi la vediamo realmente splendere in figure come S. Francesco d’Assisi, S. Chiara, S. Antonio, S. Caterina, S. Luigi, S. Bernardetta, S. Giovanni Bosco, S. Teresina, S. Gemma, S. Massimiliano M. Kolbe… Quanto «candore di luce eterna» (Sap 7,26) in queste figure di nostri fratelli e sorelle consacrati a Gesù!
Perciò chi ha il dono eccelso della vocazione religiosa non esiti a lasciare tutto per consacrarsi a Dio, per donarsi a Gesù in totalità di se stesso, con il cuore «indiviso», in santità «di corpo e di spirito» (1 Cor 7,34). Gesù stesso ci assicura: «Chi avrà abbandonato la casa… avrà in eredità la vita eterna» (Mt 19,29). Chi si consacra a Dio, chi si dona a Gesù lasciando tutto per Lui è come chi lascia le apparenze per la realtà, secondo la parola di S. Paolo: i beni visibili (casa, lavoro, padre, madre…) sono caduchi; i beni invisibili (Dio, la grazia, le anime, il Regno dei cieli) sono la realtà perenne.
Quando S. Francesco d’Assisi riuscì a disfarsi di ogni bene terreno e di ogni creatura (anche del papà), potette esclamare con ardore estatico: «Dio mio e mio tutto». Si era liberato di alcune creature, e ora possedeva il Tutto. Così è la vita religiosa, questo è lo stato dei consacrati nei monasteri e nei conventi, negli eremi e nelle case religiose.
S. Basilio commenta: «In questo stato privilegiato si fa un felice e ammirabile scambio: si danno le cose della terra per quelle del cielo; le cose passeggere per quelle eterne; beni di nessun valore per beni inestimabili». E il grande S. Agostino confessa candidamente che «le parole umane non possono celebrare degnamente la vita religiosa. Quando mi provo a farlo, mi sento costretto al silenzio, perché sono incapace di esaltare una vita tanto sublime e angelica».
In più c’è da riflettere su di una realtà di grazia legata alla verginità consacrata: ossia, ogni anima vergine consacrandosi diventa «Sposa di Cristo», come canta la Liturgia della Chiesa. Gesù stesso si è chiamato Sposo delle vergini prudenti nella parabola delle dieci vergini (cfr Mt 25,Iss). Il profeta Isaia scriveva già a suo tempo: «Sì, come un giovane sposa una vergine, così ti sposerà il tuo Creatore; come gioisce lo sposo per la sposa, cosi per te gioirà il tuo Dio» (Is 62,5).
Verginità e sponsalità divina, verginità e gioia divina, verginità e maternità spirituale: vanno tutte insieme. L’angelica S. Teresina scriveva con la sua solita grazia: «Essere tua sposa, Gesù…, essere, per l’unione con Te, madre delle anime». Quale incanto di amore celestiale nella vita di una vergine consacrata!
Questo ha insegnato sempre la Chiesa. Il papa Pio XII nella splendida enciclica sulla «Sacra Verginità» e nei discorsi alle anime consacrate ha svolto meravigliosamente questi temi, chiamando le vergini consacrate «vere spose del Signore», sulla scorta dei SS. Padri che hanno considerato le vergini «spose di Cristo» nel senso più vero e più alto. S. Metodio d’Olimpo, ad esempio, così fa pregare una vergine consacrata: «O Cristo tu sei tutto per me. Io mi conservo pura per Te e, portando una lampada splendente, vengo incontro a Te, o Sposo mio».
A questo punto credo che non diremo più esagerata S. Maria Maddalena de’ Pazzi, la mistica del Carmelo, quando afferma che «la vocazione religiosa è la grazia più insigne che Dio possa fare a un’anima dopo il santo Battesimo».
Né di conseguenza, è esagerato il B. Orione quando scrive: «Avrei a grande grazia se Gesù volesse concedirmi, per le vocazioni, di andare mendicando sino all’ultimo della mia vita».
Inoltre, a questo proposito, sarà bene rivolgere ai genitori cristiani le ispirate parole del papa Pio XII: «Qualora Iddio vi facesse un giorno l’insigne onore di ricercarvi uno dei vostri figli o delle vostre figlie per il suo servizio, sappiate dunque apprezzare il valore e il privilegio di tanta grazia, per il figlio o per la figlia eletta, per voi e per la famiglia vostra. E un gran dono del cielo che entra nella vostra casa…». Quando il papà di S. Teresina sentì dirsi dalla figlia Celina che anch’ella voleva consacrarsi tutta a Gesù nella vita verginale del Carmelo, disse commosso alla figlia: «Vieni, andiamo a ringraziare Gesù Sacramentato dei favori che concede alla nostra famiglia e dell’onore che mi fa scegliendosi delle spose in casa mia! Si, il buon Dio mi fa un grande onore prendendosi le mie figlie».
Tu, giovane che leggi, entra nel tuo cuore, raccogliti in preghiera, ascolta, ascolta, ascolta… Forse Gesù ti ha scelto, ti ha prediletto, ti chiama, ti sta chiamando – «vieni! seguimi!» (Mt 19,21) – ti sta facendo il dono più grande che ti renderà come un «Angelo di Dio nel cielo» (Mt 22,30).