Se la vita religiosa è una vita angelica – «come gli Angeli di Dio nel cielo» (Mt 22,30) – la vita sacerdotale deve essere vita più che angelica, perché il Sacerdote ha il potere e la missione di compiere ciò che neppure gli Angeli possono fare. Dopo Dio, infatti, solo il Sacerdote ha il potere e la missione di trasformare il pane e il vino nel Corpo e Sangue di Gesù, di rimettere i peccati ad ogni peccatore pentito.
Con il Sacerdozio l’uomo supera ogni vertice di potere e di grandezza creata. Entra nell’increato, nel divino, nella stessa Persona divina di Gesù: diventa Gesù che transustanzia il pane e il vino, che toglie i peccati da ogni anima, che ammaestra, guida e conduce a salvezza.
Forse per questo il Sacerdote è venerato dallo stesso suo Angelo Custode, che sta alla sua sinistra anziché alla sua destra, e gli dà la precedenza, come ci assicura S. Francesco di Sales. Il Sacerdote riproduce Gesù, continua e prolunga la stessa missione salvifica di Gesù, ha lo stesso destino pasquale di Gesù: crocifissione e resurrezione.
Così parla Gesù ai suoi primi sacerdoti: «Venite, vi farò pescatori di uomini…» (Mt 4,19). «Come il Padre ha mandato Me, così Io mando voi» (Gv 20,21). «Prendete… questo è il mio Corpo… questo è il calice del mio Sangue» (Mt 26,26). «A chi rimetterete i peccati, saranno rimessi, a chi non li rimetterete non saranno rimessi» (Gv 20,23). «Andate, ammaestrate tutte le genti…» (Mt 28,19). «Chi ascolta voi, ascolta Me, chi disprezza voi, disprezza Me» (Lc 10,16). «Hanno perseguitato Me, perseguiteranno anche voi» (Gv 15,20). «Voi non siete di questo mondo, come Io non sono di questo mondo… Perciò il mondo vi odia…» (Gv 17,14; 15,19).
Noi non possiamo che smarrirci se pensiamo alla realtà sovrumana del Sacerdozio. Possiamo forse intuirla riflettendo che S. Francesco d’Assisi, tutto serafico e celestiale, non ebbe il coraggio di ricevere il Sacerdozio, e volle restare Diacono. E dalla storia dei Santi Padri sappiamo che anche S. Efrem restò sempre e solo Diacono, che S. Agostino pianse amare lagrime il giorno dell’Ordinazione sacerdotale, che S. Giovanni Crisostomo e S. Ambrogio si andarono a nascondere e si resero irreperibili per non farsi consacrare vescovi.
Nel suo celebre Dialogo, S. Caterina da Siena scrisse che, riguardo ai sacerdoti, un giorno l’Eterna Sapienza le disse: «Apri l’occhio dell’intelletto tuo, e riguarda in me, sole di giustizia. Allora vedrai i gloriosi ministri, i quali, avendo mirato il sole, hanno preso la condizione del sole!».
Il S. Curato D’ Ars diceva che se Dio ci illuminasse sul valore del Sacerdozio, nessuno oserebbe farsi consacrare Sacerdote. Ugualmente, se si conoscesse il valore della S. Messa, né il Sacerdote oserebbe celebrarla né il fedele ascoltarla. «Tutte le buone opere unite insieme – cercava di spiegare il S. Curato – non valgono quanto il Sacrificio della Messa, perché quelle sono opere di uomini, mentre la Messa è opera di Dio. Anche il martirio non è nulla in confronto: il martirio è il sacrificio dell’uomo a Dio, mentre la Messa è il sacrificio di Dio per l’uomo!…».
Celebrare la S. Messa, rimettere i peccati, donare il Corpo e Sangue di Gesù alle anime, spezzare il pane della Parola di Dio a ogni uomo: tutto ciò costituisce una missione di somma importanza per tutto il Corpo Mistico di Cristo. Anche l’ultimo e più sconosciuto Sacerdote della terra – come poteva apparire S. Giovanni Maria Vianney, allorché si recò nel paesello di Ars – è artefice di opere prodigiose nel dispensare «i misteri divini» (1 Cor 4,1), incrementando la vitalità delle membra del «Corpo di Cristo che è la Chiesa» (Col 1,24).
Ad ogni Sacerdote, in verità, si possono applicare le parole divine del salmista: «Ti darò in possesso le genti e in dominio i confini della terra» (2,8). E proprio così. Due esempi più recenti fanno comprendere la verità di queste parole in maniera luminosa. S. Massimiliano Maria Kolbe, l’umile e ardente figlio di S. Francesco, non è forse diventato una figura di Sacerdote amato e venerato da tutto il mondo? Non ha forse egli fondato due meravigliose cittadelle dell’Immacolata, una in Polonia e una in Giappone? Non è stato forse proclamato dal papa Giovanni Paolo Il «Protettore speciale dei nostri tempi»? Il Venerabile, P. Pio da Pietrelcina non meno umile e ardente figlio di S. Francesco, non ha forse avuto una «clientela
mondiale», come disse il papa Paolo VI? Non è stato forse vero che le genti «andavano a lui da ogni parte» (Mc 1,45), sul Gargano? Non ha forse egli dato vita a due mirabili opere, la Casa Sollievo della sofferenza e i Gruppi di Preghiera? I poteri più divini, le realtà più sublimi si trovano nel cuore e nelle mani di ogni Sacerdote.
Leggiamo che cosa scriveva sul Sacerdozio, nel suo diario personale un santo Sacerdote, Don Giuseppe Canovai, nostro contemporaneo, morto a soli 34 anni: «Sento fremere, palpitare in me immenso, augusto, celeste, il potere del Sacerdozio; lo sento travalicare i limiti della mia anima, giungere fino ai cieli, cui dona la pace del perdono e la parola della vita, spingersi fino alle soglie della morte, ove salva nella effusione universale della misericordia crocifissa.
Esso sboccia come un albero secolare che ha le sue chiome nei cieli, ai piedi della Croce dalle zolle bagnate dal sangue di Dio; e le anime redente lo rallegrano con le gioie della vita».
I sacerdoti sono le creature più indispensabili della terra, le più salutari e benedette. Per quanto deboli e difettosi essi hanno sempre il potere di donare la grazia, di donare il Pane di vita eterna, di donare la Parola del Signore, di confortare gli ammalati, di sostenere i moribondi, di illuminare e guidare gli erranti. Senza la grazia, senza l’Eucaristia, senza la Parola del Signore come potremmo noi vivere rettamente e salvarci per l’eternità?
«Lasciate un paese per vent’anni senza sacerdote – diceva giustamente il S. Curato d’Ars – e gli uomini adoreranno le bestie!».
E vero. E talmente vero, che non può esserci disgrazia o castigo peggiore per una nazione, per una Diocesi, quanto la diminuizione dei Sacerdoti; non può esserci calamità maggiore per la cristianità e per la società che la diminuizione dei Sacerdoti. E se non si arriva a comprendere questo è segno che il processo di scristianizzazione marcia a vele spiegate accecando le menti, ottenebrando ogni ideale specialmente nei giovani, i quali preferiscono restare masse enormi di disoccupati e scalmanati, anziché chiedersi seriamente se non siano chiamati dal Signore in un campo ben più fecondo e prezioso: il campo del Regno di Dio nei fratelli, specialmente in quelli più poveri, oppressi, disperati…
È veramente doloroso constatare come tanti giovani disoccupati si consumano nell’infelicità e nell’ozio vagabondo, mentre potrebbero essere portatori di Dio agli uomini, degli uomini a Dio e di Dio a Dio. «Il Sacerdozio – scrive splendidamente S. Efrem – è nella Chiesa come un volo d’aquile, che lasciano la terra e salgono audacemente verso Dio. Nei potenti loro artigli portano le cose sacre dell’umanità e le depongono ai piedi del trono della maestà divina. Di là riportano sulla terra le cose sacre di Dio, per santificare le anime che vorranno accostarsi ai venerandi misteri di cui è dispensatore».
Giovane che leggi, sappi riflettere: nell’Italia dell’800, con parecchi milioni di abitanti in meno, erano oltre 150.000 Sacerdoti. Nell’Italia di oggi, con parecchi milioni di abitanti in più, i Sacerdoti sono poco più di 30.000, e le conseguenze evidenti sono l’ateismo di massa, il calo pauroso della pratica dei Sacramenti, l’ignoranza religiosa più crassa, la corruzione galoppante, l’approvazione di leggi degradanti e assassine (divorzio, aborto, droga… ).
Giovane che leggi, rifletti. Mancano «operai nella messe». Entra dentro di te. Prega, e ascolta, ascolta, ascolta il Signore. Forse Egli ti chiama, ti ha scelto, ti vuole rendere «sale della terra e luce del mondo» (Mt 5,13), ti vuol fare «pescatore di uomini» (Mc 1,17). Forse, meditando queste pagine, potrai sentirti dire nel cuore: «Il Maestro è qui e ti chiama» (Gv 11,28).