LA VITA DI GRAZIA
La Madonna viene chiamata dall’Angelo Gabriele «piena di grazia» (Lc 1,28). E noi comprendiamo che «piena di grazia» significa piena di Dio.
Anche noi diciamo di noi stessi: sono in grazia di Dio o sono senza la grazia di Dio. Ossia: possiedo Dio nell’anima, o possiedo satana: «Chi non è con Me è contro di Me» (Mt 12,30).
Che cos’è la grazia, quindi?
È la vita divina nell’anima. Quando un’anima è in grazia di Dio è «partecipe della natura divina» (2Pt 1,4). Non diventa Dio, ma è unita, è piena, è immersa in Dio: come una spugna immersa nell’acqua e ripiena di acqua. «La grazia – insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica – è una partecipazione alla vita di Dio; ci introduce nell’intimità della vita trinitaria» (n. 1997).
Già questi pochi pensieri possono bastare a farci comprendere la preziosità senza fine che possiede l’anima del cristiano in grazia di Dio.
Aveva certamente ragione il papa san Leone Magno di esclamare: «Riconosci o cristiano, la tua dignità; e, diventato partecipe della divina natura guardati dall’avvilire, con atti indegni, la tua grandezza».
L’anima… e il cane
Un giorno il santo Curato d’Ars passava, come al solito, fra due file di gente, per andare in Chiesa. Improvvisamente, si fermò dinanzi a un cacciatore che aveva il fucile a tracolla e il suo bel cane da caccia accanto.
Il Santo si chinò prima ad accarezzare il cane dicendo: «Che magnifico cane!».
Poi fissò per qualche istante il cacciatore, e gli disse: «Signore, sarebbe desiderabile che la sua anima fosse bella come questo suo cane!».
Così si riduce l’anima di un cristiano senza la grazia di Dio: vale molto meno di un cane! Ma come si perde la grazia di Dio? Si perde con il peccato mortale. L’anima in grazia di Dio è simile a una lampada elettrica accesa. Con il peccato mortale l’anima diventa simile a una lampada fulminata. Non fa più luce, non serve più a niente.
Ma la grazia di Dio si può recuperarla, finché si è in vita, con il pentimento e con la Confessione sacramentale. Ed è interesse nostro non indugiare a recuperarla; perché ogni momento vissuto in peccato mortale è un momento da «figli delle tenebre» (1Ts 5,5) anziché da «figli della luce» (Ef 5,8).
Comprendono tutto ciò i cristiani? O forse piuttosto molti non si preoccupano quasi per nulla di trovarsi in disgrazia di Dio, e continuano a vivere fra un peccato mortale e l’altro?
Umanità senza grazia
Purtroppo, a voler gettare uno sguardo anche solo fuggevole sull’umanità, per sapere se la più parte vive con la grazia di Dio, dobbiamo realisticamente ammettere che la «potestà delle tenebre» (Lc 22,53) e «il principe di questo mondo» (Gv 12,31) fanno strage della vita di grazia degli uomini.
Oggi il peccato mortale non è soltanto un fatto del singolo, ma è anche un fenomeno di massa, di costume dei popoli.
Oggi è costume, su scala pressoché mondiale, leggere stampa pornografica, vedere films bestiali, frequentare spiagge e locali scandalosi, seguire le mode indecenti, usare la pillola e i metodi anticoncezionali, avere rapporti extraconiugali e prematrimoniali, divorziare, abortire, rinnegare la Fede, professare l’ateismo, parlare con bestemmie e turpiloquio…, senza nulla dire delle sopraffazioni, violenze e furti così spesso colossali.
Povero mondo! Forse mai esso con tanta evidenza si è trovato «tutto posto sotto il maligno» (1Gv 5,19). Eppure «Gesù Cristo ha sacrificato se stesso per i nostri peccati, per strapparci da questo mondo perverso… » (Gal 1,2).
La Madre della Grazia
Noi cristiani dovremmo andare santamente fieri di essere figli di Dio e di Maria, fratelli di Gesù Cristo, templi dello Spirito Santo, coeredi del Paradiso. Davvero Gesù è venuto perché gli uomini «abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,10).
E tutte queste divine ricchezze ci vengono donate con il santo Battesimo (che, per questo, è bene amministrare quanto prima ai neonati).
Sant’Ignazio martire chiamava se stesso con fierezza Teoforo, ossia portatore di Dio. E tutti i Santi hanno «glorificato e portato Dio nel loro corpo» (1Cor 6,20) coltivando la vita di grazia con somma cura.
Ma chi è la Madre della divina grazia? Lo sappiamo: è la Madonna. È Lei quindi che ci genera alla vita divina. San Leone Magno afferma che ogni fonte battesimale è il seno verginale di Maria! Da Lei viene anche la grazia della rigenerazione, che è indispensabile a chi ha peccato mortalmente e che ha trasformato tanti peccatori in santi. Ricordiamo, ad esempio, san Giovanni di Dio, giovane scapolo, che passava da un mestiere all’altro senza mettere mai giudizio. La Madonna lo liberò miracolosamente da un grave pericolo, apparendogli e chiamandolo a conversione: «Un giorno tu mi amavi – gli disse – torna ad amarmi e a fare vita devota. Convertiti a Dio». Il giovane fece sul serio, e si santificò. Vogliamo fare anche noi sul serio?
Per fare sul serio, rompiamola energicamente con i nostri peccati. Come è possibile che ci facciamo lusingare e sedurre da un mondo che è tutto concupiscenza? (cf 1Gv 2,15-17).
L’esperienza di tutti i convertiti conferma in pieno questa triste realtà del mondo senza grazia tutto inganno e peccato. Soprattutto i grandi convertiti ci assicurano che la vita non ha senso, se non è vissuta per Iddio e per l’eternità.
Ricordiamo l’esperienza di una grande artista, Maria Fenoglio (in arte, Eva Lavallière), che decise di suicidarsi proprio quando era arrivata all’apice della gloria e della fama mondana.
Venne salvata in tempo, per misericordia di Dio, e fu illuminata dalla grazia. Allora comprese, finalmente, quali sono i veri valori della vita. Rinnegò la sua vita mondana, abbandonò il teatro e iniziò una vita di sacrifici sempre più ricca di grazia e di virtù. Scriveva nel suo diario: «Il mio ideale?… Gesù. La mia occupazione diletta?… L’orazione. Il mio sport preferito?… Stare in ginocchio. Il mio profumo più caro?… L’incenso. Il mio gioiello più prezioso?… Il Rosario».
Fioretti
*Fare un atto di grande pentimento per tutte le volte che abbiamo perso la grazia di Dio.
*Ripetere spesso l’invocazione: «Madre della divina Grazia, prega per noi».
*Impegnarsi a evitare ogni occasione che mette in pericolo di perdere la grazia di Dio.