Non c’è che una risposta: Gesù chiama soltanto alcuni, per una misteriosa predilezione d’amore. Ogni altra risposta cadrebbe nel vuoto.
Perché Gesù ha prediletto i dodici Apostoli? Perché ha prediletto S. Giovanni fra i dodici? Perché ha amato particolarmente Lazzaro, Maria e Marta?
La risposta è sempre una sola: per una misteriosa predilezione d’amore.
Al giovane del Vangelo, che chiese a Gesù quale fosse la via della perfezione, Gesù, prima di rispondergli, «guardatolo, lo amò», e poi gli disse: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi tutto…, poi vieni e seguimi» (Mc 10,21).
Prima di chiamare, quindi, Gesù guarda e ama colui che vuol chiamare. Questo sguardo e questo amore sono un mistero del suo Cuore.
Il papa Paolo VI ha definito appunto «un mistero» la scelta di alcuni da parte di Gesù. Ed è vero. Non sappiamo e non possiamo dire altro.
C’è un ragazzo timido e fragile: Gesù lo predilige e lo sceglie fra tanti ragazzi. E S. Domenico Savio. C’è un giovane ardente, proteso verso l’avvenire: Gesù lo vuole per la sua gloria, e lo chiama a Sé. E S. Gabriele dell’Addolorata.
C’è una ragazza spensierata e pura, che pensa al suo futuro sognando: Gesù la predilige e la sceglie per Sua sposa e madre di molte anime. E S. Chiara d’Assisi.
C’è un uomo maturo, navigato negli affari e nelle vicende di questo mondo: Gesù lo chiama a navigare sulla barca di Pietro, per essere «pescatore di uomini» (Mt 4,19). E S. Ignazio di Loyola.
C’è un operaio, un contadino, uno studente, un professionista.. che sembrano andare sicuri per la loro strada: Gesù li ferma, li ama, li invita, li sollecita: «se vuoi esser perfetto…». E S. Felice da Cantalice, S. Camillo de Lellis, S. Francesco Saverio, S. Alfonso de’ Liguori.
C’è una donna che porta avanti un gran lavoro dentro e fuori casa: Gesù l’attira al suo Cuore, le svela l’amore infinito, le offre una vita di carità nell’immolazione della pura contemplazione o dell’attività apostolica. E S. Giovanna Francesca di Chantal, S. Margherita Alacoque, S. Francesca Saverio Cabrini.
Gesù ha i segreti del suo amore, che per noi restano misteri; ma sono sempre amore, amore di predilezione, amore di eccezione, amore di intimità e di pienezza d’amore con la creatura amata.
Per questo la risposta di chi è chiamato dovrebbe essere ardente e generosa, piena di interminabile gratitudine, a imitazione di quei santi che anche da vecchi baciavano le mura del convento, benedicendo e ringraziando il Signore del dono sublime della vocazione.
Il giorno della sua Professione religiosa S. Margherita M. Alacoque, in un impeto di incontenibile gratitudine e di ricambio d’amore a Colui che l’aveva tanto prediletta, scrisse queste parole con il suo sangue: «Suor Margherita Maria, morta al mondo. Tutta di Dio e niente mia. Tutta a Dio e niente a me. Tutta per Iddio e niente per me ».
Devono aver compreso, o almeno intuito, il valore straordinario di questa «scelta d’eccezione », come dice il Vaticano II, tutti coloro, grandi e piccoli, che hanno affrontato gravi ostacoli e sopportato dure tribolazioni, pur di non perdere un tesoro cosi prezioso. Pensiamo alle intrepide ragazze S. Chiara d’Assisi e S. Teresa d’Avila che non temettero di scappare letteralmente di casa, per poter entrare in monastero. Lo stesso dovettero fare S. Tommaso d’Aquino, inseguito dai fratelli, S. Stanislao Kostka, S. Gerardo Maiella. Questi sono esempi belli ed eroici, che testimoniano la potenza dell’amore divino e l’energia invincibile dei cuori vergini.
Non meno belli sono gli esempi di chi ha dovuto affrontare difficoltà economiche e prove di varie specie, per realizzare la sua vocazione.
Nella vita di S. Pio X leggiamo questi particolari edificanti sulla sua fedele e coraggiosa corrispondenza alla chiamata di Dio.
A dodici anni, Giuseppe Sarto chiese ai genitori di poter studiare, per diventare sacerdote. L’altare lo attirava fortemente. Gli piaceva tanto servire la S. Messa. La figura del sacerdote che celebrava la S. Messa lo affascinava, lo faceva sognare.
I genitori poverissimi, ma ricchi del santo timor di Dio e della fiducia nella Provvidenza, non esitarono a concedergli di studiare per entrare in Seminario. Ma come fare? Decisero di mandare il ragazzo a scuola a Castelfranco Veneto, un paese a sette chilometri da Riese. A sera, al ritorno, sarebbe andato a lezione di latino dal Parroco del paese.
Ebbene, ogni giorno, per tre anni, il ragazzo andava a scuola a piedi sotto il sole o la pioggia, e per non consumare le scarpe, appena fuori paese, le portava a tracollo, legate a uno spago, insieme all’involtino con un pezzo di pane per mangiare.
A scuola, però, Giuseppe Sarto era il più bravo e il più buono. Vinceva tutti i premi. Era allegro e caritatevole. I maestri lo guardavano ammirati.
A pensarci, quanti dovettero essere gli eroismi di questo ragazzo, per corrispondere alla chiamata di Gesù? Quattordici chilometri a piedi nudi, sotto il sole o la pioggia, per più anni, con un tozzo di pane… Ragazzo mirabile!
Entrato finalmente in Seminario, cosa avvenne qualche anno dopo? Morì il papà, lasciando una vedova con otto teneri figlioli. Il momento fu drammatico. Che cosa fare? Tornare a casa per lavorare e aiutare la famiglia? No, Giuseppe e sua mamma si affidarono più alla provvidenza: «Affida al Signore la tua via ed egli compirà la sua opera» (Sal 36,5). Proprio così. Giuseppe continuò a studiare in seminario, riportando sempre i risultati più brillanti, con la nota di «eminentemente distinto». E così andò avanti, sempre povero, ma sempre bravissimo.
Per riferire un altro esempio, ricordiamo le prove non meno dure, che dovette superare S. Maria Giuseppina Rossello nel corrispondere alla chiamata di Gesù.
«Maria Giuseppina Rossello, figlia di un modesto artigiano ligure, un giorno fu interrogata dal padre:
– Ma perché sei sempre così seria e pensierosa?
– Papà, vorrei farmi suora – rispose essa.
– Figlia mia – rispose il buon padre, che manteneva la famiglia intrecciando vimini e giunchi per far canestri, e impagliando sedie – sai bene che ci vuole una dote, come per chi va sposa; e noi siamo poveri…
Maria si rassegnò a entrare come domestica presso due coniugi anziani e senza figli i quali ben presto le si affezionarono talmente, da offrire la loro vistosa eredità, ma a una condizione: che non si facesse suora..
Fu una grossa tentazione: diventare ricca con la possibilità di aiutare i genitori, specialmente il padre, che ancora intrecciava e impagliava, sebbene molto malato.
Maria rifletté a lungo sulla lusinghiera proposta; ma alla fine rinunciò a quell’offerta, per seguire l’ideale lungamente vagheggiato (Fr. REMO DI GESÙ, Catechesi in esempi, III, p. 1090).
Per la rinunzia a una ricca eredità terrena, l’umile Maria Giuseppina si consacrò a Gesù e divenne una grande santa e fondatrice di una Congregazione di Suore.
Non dimentichiamoci che le parabole del Vangelo, più direttamente riguardanti il dovere della corrispondenza alla grazia della vocazione, sono quelle del «tesoro nascosto nel campo » (Mt 13,44) e della «perla preziosa» (Mt 13,45). In tutte e due le parabole è identico il comportamento dei due fortunati scopritori del tesoro e della perla: ambedue vendono tutto per possedere il tesoro e la perla.
La vocazione è un tesoro, la vocazione è una perla preziosa. Chi la riceve sa come deve comportarsi secondo la parola di Gesù: vendere tutto.
Giovane che leggi: se fossi anche tu uno dei chiamati da Gesù? Vorresti rifiutare questo «tesoro», questa «perla preziosa» della vocazione? Ti rendi conto della responsabilità che avresti per un simile rif uto? Rifletti bene e ascolta il Signore nel tuo cuore. Forse Egli ti sta guardando, ti sta amando, sta dicendo anche a te: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi tutto…. poi vieni e seguimi!» (Mc 10,21).
Fonte: VIENI E SEGUIMI, Padre Stefano M. Manelli