Possiamo pensare alla teoria del gender identificandola con l’immagine di un grande e vecchio albero dalle numerose e profonde radici.
Essa, non nasce infatti oggi, ma rappresenta il punto di arrivo di un lungo e complesso processo di rivoluzione culturale che ha radici multidisciplinari e remote.
La teoria del gender non ha sviluppato un suo pensiero originale ma ha piuttosto messo insieme e rielaborato pezzi ideologici del passato risalenti al pensiero marxista e psicanalista, e alla rivoluzione femminista, sessuale e culturale degli anni 50-70.
Sul piano pratico, una tappa decisiva di tale processo è rappresentata dalla “Quarta Conferenza Internazionale sulle Donne” dell’ONU di Pechino del 1995. Da Pechino in avanti, la “prospettiva di genere” si è affermata, infatti, con norma politica globale ed entrata nelle agende di tutti i principali programmi politici. Il “paradigma del gender” in breve tempo è divenuto così una priorità universale d’intervento e un imperativo etico dell’educazione globale, infiltrandosi in ogni ambito: dalla politiche governative alle organizzazione filantropiche e umanitarie, dalle scuole alle università, dalle aziende al mondo dell’arte, della musica, del cinema e della pubblicità.
Un ruolo chiave in tale processo di manipolazione e imposizione culturale è svolto dalle potenti lobby LGBT e dall’altrettanto influenti Organizzazione Non Governative (ONG) presenti presso le principali istituzioni europee.