Trappola mortale

Una delle parole più diffuse, nel lin­guaggio comune di oggi, è “cultura”. La ritroviamo sui giornali, in televi­sione, alla radio, su Internet, nella politica, nei convegni… Ma è una parola di cui, spesso, si fa un uso non corretto.

Tempo fa mi è capitato di vedere in televi­sione un filmato musicale, insieme ad alcuni ra­gazzi. Le immagini mostravano un gruppo rock che si esibiva in un concerto. Al termine dello show, i componenti del complesso distruggeva­no i loro strumenti, sbattendoli violentemente per terra. Sembravano impazziti. Eppure, agli occhi dei giovani, quella scena sembrò assoluta­mente normale. “Fa parte della cultura rock”, disse uno dei ragazzi presenti.

Poco dopo, la stessa emittente televisiva mandò in onda un altro filmato. Questa volta si trattava di un concerto punk. I membri del grup­po sputavano ripetutamente sul pubblico, che ri­cambiava nella stessa maniera. Era uno spetta­colo disgustoso. Ma anche questo, agli occhi dei ragazzi, sembrò del tutto normale. “Fa par­te della cultura punk”, commentò una ragazza. I due esempi ci fanno capire come oggi la paro­la “cultura” venga usata in modo sbagliato. Si può definire “cultura” la violenza distruttiva o il cattivo gusto? Si tratta, in realtà, di una non-cul­tura, di una forma di degrado e di abbrutimento.

I cattivi insegnanti di oggi

Eppure, certe espressioni di non-cultura sembrano diventare accettabili per i giovani di oggi. La lista delle non-culture è lunghissima, interminabile. Nell’epoca del relativismo mora­le, anche le cose più assurde appaiono perfetta­mente normali.
Come è possibile tutto ciò? Come si è arri­vati a questo punto? Bisognerebbe fare un passo indietro ed interrogarsi sui meccanismi alla base della formazione della cultura giovanile di oggi.

Un tempo la cultura dei giovani nasceva dal­l’incontro con tre punti di riferimento essenzia­li: famiglia, scuola, ambiente religioso (ad esempio, la parrocchia o l’oratorio). Oggi la si­tuazione è cambiata. La cultura (che spesso è una non-cultura) si forma attraverso mezzi di comunicazione come Internet e televisione. I giovani, disorientati da messaggi di ogni tipo, sono indotti a stati di confusione e di disagio.
E’ così che nasce la cosiddetta “cultura punk” dei musicisti che sputano sul pubblico, o la cosiddetta “cultura rock” di chi distrugge con violenza i propri strumenti.

La differenza tra la cultura giovanile di una volta (frutto della famiglia, della scuola e della religione) e quella di oggi è evidente. La prima nasceva dall’amore, dall’affetto, dal sincero inte­resse alla vera felicità dei giovani. Era una cultu­ra che si basava su valori forti e chiari. Il bianco era bianco, e il nero era nero. Uno sputo sul pub­blico, nel corso di un concerto, sarebbe stato con­siderato per ciò che è: un’oggettiva schifezza.

La cultura di oggi non è frutto di un amore disinteressato nei confronti dei giovani. Nasce, purtroppo, da interessi commerciali ben precisi.
I ragazzi vengono considerati facili bersagli da colpire a suon di spot pubblicitari. Molti pro­grammi televisivi non puntano a creare cultura. Puntano a vendere. Lo stesso accade con certe riviste, con certi siti Internet e con certi cantan­ti, ai quali interessa arricchirsi sulla pelle dei giovani. Sono loro i “formatori” della non-cultura di oggi, che rovinano le nuove generazioni.

L’imperativo è vestire in modo disgustoso, comportarsi in modo estremo, indossare abiti aggressivi e comprare oggetti brutti. La regola che opprime le nuove generazioni è: non conta ciò che si è, importante è ciò che si ha.

La via sempre nuova del Vangelo

Per riuscire ad essere considerati, diventa necessario mostrarsi, esibirsi, presentarsi in mo­do provocatorio, attirare l’attenzione degli altri con qualcosa di sorprendente: una maglietta volgare, un tatuaggio appariscente, un piercing aggressivo, la suoneria del telefonino…
Certi cattivi insegnamenti trovano terreno fertile nelle difficili condizioni di vita di tanti giovani, segnati da sofferenze, incertezze, vio­lenze, silenzi, incomunicabilità e situazioni fa­miliari disastrose.

Il problema fondamentale è una diffusa man­canza di senso del limite. Oggi i giovani sono considerati “macchinette fabbricasoldi”.
La dittatura imperante degli spot pubblicitari genera un continuo bisogno e l’aspirazione ad assomigliare a modelli falsi e ingannevoli. Di conseguenza, scompare la sana consapevolezza dei propri limiti. Per esistere ed essere “qualcu­no”, bisogna raggiungere i falsi modelli offerti dai mass media.

Il messaggio che viene costantemente tra­smesso ai giovani è questo: tutto è lecito. Tutto è possibile. Tutto si può fare, purché lo si vo­glia. Ed è così che si costruisce una società “al contrario”, dove il bene viene considerato male e viceversa. Lo sputo e la violenza diventano cose belle, invece di suscitare disgusto.

Nella storia dell’umanità non si era mai veri­ficata una situazione come quella di oggi. Sia­mo dominati da un relativismo morale che non ci permette di capire che cosa sia giusto e che cosa sia sbagliato. Ciò costituisce una trappola mortale per i ragazzi, mascherata sotto forma di “cultura”.

Bisogna aiutare i giovani a reagire. Non bi­sogna abbandonarli in questa tempesta di cattivi maestri. Cancellare l’idea che esista una verità unica e definitiva significa creare devastanti forme di non-cultura. Significa cancellare la convinzione che esistano scelte, comportamenti, relazioni e stili di vita definitivi.

Nella triste era delle non-culture, anche l’es­sere umano può diventare un’opinione e finire per essere soppresso. Ecco perché non si può fare a meno di promuovere, tra i giovani, una cultura nuova basata sulla Verità di Cristo, “Via, Verità e Vita”.

FONTE: “Maria di Fatima” di Carlo Climati

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