Santuari mariani: Puglia

Il Santuario de “L’incoronata”, Cittadella della Madre di Dio

Le origini del Santuario principale della Capitanata risalgono agli inizi del Secondo Millennio, esattamente all’ultimo Sabato del mese di Aprile del 1001.

Fu proprio all’alba di quel Sabato – secondo la leggenda – che il Conte di Ariano Irpino, il quale, dopo una concitata giornata di caccia nel folto bosco che dai colli di Bovino si estendeva fino agli aspri monti del Gargano, aveva passato la notte in una rustica capanna nei pressi del torrente Cervaro, venne svegliato di sorpresa dalla sua servitù ed amici cacciatori che lo invitavano a fuggire con loro, terrorizzati da sinistri bagliori, quasi si trattasse di un improvviso incendio scoppiato nel bosco.

Ma il Conte si rende presto conto che quei bagliori sono dovuti a scie di luce; e, circonfusa da luce celestiale, gli appare la “Bella Signora” che, additandogli una grande quercia, gli fa vedere tra i rami una sua statua in legno dal volto bruno, chiedendogli di far lì costruire una Cappella in suo onore.

In quegli stessi istanti, per altra strada, giunge sul posto un contadino – un certo Nicola, soprannominato Strazzacappa – diretto al suo lavoro: vede anche lui la “Bella Signora” e ne ode la richiesta. I due si abbracciano, quasi a trovare reciprocamente conferma dell’evento straordinario cui hanno assistito.

Da allora cominciano innumerevoli prodigi in questo bosco dell’Incoronata, dove la statua della Vergine è stata intanto posta “su più dignitoso trono”, nella Cappella fatta subito costruire.

Prima i Monaci Basiliani, poi i Cistercensi [fino alla fine del sec. XV], quindi Sacerdoti diocesani [fino al 1950, quando il Santuario viene affidato ai Padri Orionini], custodiscono tra alterne vicende il bel Santuario che – ricostruito da questi ultimi con linee architettoniche che richiamo i caratteristici “trulli” pugliesi, in un complesso monumentale che merita appieno il nome di “Cittadella di Maria” – è oggi il più significativo di tutti i Santuari mariani della Puglia.

La Basilica-Santuario “Madre di Dio Incoronata” è meta di continui Pellegrinaggi di fedeli che provengono da ogni parte, specie a primavera.

Indimenticabili per tutti sono le feste annuali della “Vestizione e Incoronazione”, della “Cavalcata degli Angeli” e dell’ “Apparizione” che si svolgono alla fine del mese di Aprile.

1. – Vestizione e Incoronazione

Siccome, fino al 1950, il Santuario rimaneva chiuso e quasi abbandonato dalla metà del mese di Giugno al mese di Aprile dell’anno successivo, la Statua della Madonna Incoronata veniva privata dei suoi preziosi abiti per essere conservata nell’apposita nicchia. All’apertura, e cioè al Mercoledì che precedeva l’ultimo Sabato di Aprile, la venerata Statua, con la Chiesa stipata dai fedeli, veniva riportata sul suo trono, riponendole indosso i ricchi abiti di seta bianca ricamata d’oro.

Per tutto il tempo dell’apertura [e cioè fino al 13 Giugno successivo], restava nella sua nicchia; poi si svolgeva la funzione opposta.

La cerimonia viene ripetuta ora ogni anno, ad opera di pie donne, alla presenza delle Autorità e tra la commozione di una folla immensa di fedeli: la Statua viene rivestita di un abito nuovo e ricoperta con il manto trapunto d’oro e di gemme, mentre sul capo le viene posta la triplice corona.

2. – La Cavalcata degli Angeli

Vuole essere la rievocazione della scena dell’Apparizione che si sarebbe svolta nel bosco del Cervaro, nella lontana alba del 1001.

Si svolge nel pomeriggio del Venerdì dopo la “vestizione”, vigilia della festa dell’Apparizione: è un caratteristico corteo di cavalli superbamente bardati e cavalcati da bimbi, vestiti da Angeli alati, da Santi, da fraticelli o da guerrieri cristiani… È non solo una festa folkloristica, ma un atto corale di devozione e di fede.

3. – La festa dell’Apparizione

È la grande festa che si celebra l’ultimo Sabato del mese di Aprile e che apre ufficialmente il mese di Maria: un mese di Maggio grandioso, cui partecipano a turno popolazioni di numerose città, paesi e villaggi di tutta la Regione, quasi facendo a gara nel venerare la Vergine Incoronata con celebrazioni liturgiche, canti e preghiere. Spesso sono grandi Pellegrinaggi compiuti a piedi che conducono migliaia di fedeli davanti all’Incoronata.

“Santa Maria Odigítria” – Bari

La prodigiosa immagine dell’Odigítria [detta anche di “Maria SS. di Costantinopoli”] si venera nella Cattedrale di Bari, dedicata all’Assunta, una delle più maestose creazioni dell’architettura romanico-pugliese.

La tradizione vuole che fosse una delle icone più venerate a Costantinopoli, salvata dai monaci Basiliani all’epoca dell’iconoclastia, come diverse altre giunte nel Sud del nostro Paese: i monaci avrebbero voluto portarla a Roma; ma un’improvvisa tempesta obbligò la nave ad approdare a Bari, dove l’icona si conserva nell’imponente Cattedrale costruita nell’ XI secolo.

“Maria SS. dei Sette Veli” – Foggia

Venerata nella Cattedrale di Foggia, questa “Madonna dai sette veli” di cui è coperta al punto da lasciar intravedere solo il Volto scuro in un ovale, sarebbe stata rinvenuta nel 1073, quando la Città di Foggia ancora non esisteva [da qui anche il nome di “Iconavetere”, antica immagine].

Ritrovata da pastori in un pantano, ricoperta di tela e veli, in suo onore fu costruita una prima Cappellina, sopra la quale Roberto il Guiscardo edificò nel 1172 una Cripta con sovrastante Chiesa di stile romanico-pugliese, rimaneggiata prima in stile rinascimentale e successivamente tardo-barocco.

L’immagine della Vergine apparve più volte in modo prodigioso ai suoi devotissimi foggiani.

“Santa Maria delle Grazie” – San Giovanni Rotondo [Foggia]

È la Madonna venerata nella una modesta chiesetta del tardo 1500, annessa al Convento dei Padri Cappuccini, celebre soprattutto perché fu il Convento di Padre Pio.

Nel 1959 è stata inaugurata una nuova e più funzionale Chiesa-Santuario.

È stata come il “cuore mariano” dei devoti di San Pio da Pietrelcina, quando si recavano in visita da lui; e lo è tuttora per i numerosi Pellegrini che si recano presso la sua tomba a San Giovanni Rotondo.

“Santa Maria del Pozzo” – Capurso [Bari]

La prodigiosa guarigione del sacerdote Domenico Tanzella, invitato dalla Vergine apparsagli in sogno a bere l’acqua di un pozzo [dove si sarebbe poi trovata un’immagine bizantina della Madonna], sta all’origine di questo Santuario d’inizio sec. XVIII che, ingrandito e arricchito di un imponente complesso monumentale per la munificenza del Re di Napoli, nel 1853 fu dichiarato Basilica Reale.

“Maria SS. della Scala” – Massafra [Taranto]

Il titolo del Santuario deriva dall’imponente scalinata che porta alla Chiesa, la cui costruzione è aggrappata alle pareti scoscese di uno dei tanti burroni delle Murge, in uno dei luoghi più suggestivi delle Puglie, abitato dai Monaci Basiliani al tempo dell’iconoclastia.

Rimasto a lungo abbandonato, l’originario Santuario [dedicato a S. Maria Prisca] fu ricostruito nel 1700. Vi si venera un antico affresco bizantino di ‘Vergine odigítria’.

“Santa Maria de Finibus Terrae” – S. Maria di Leuca [Lecce]

Il celebre Santuario sorge sulla punta estrema del Capo di Leuca, che i Greci chiamavano “Leucos” [terra illustre, rischiarata dal sole] e i Romani “de finibus terrae” [confini del mondo], per indicare l’estremo limite dei Cives [cittadini romani], al di là del quale cominciavano i “Provinciales” [coloni].

La tradizione vuole che vi sia sbarcato San Pietro, proveniente dall’Oriente, e che da qui abbia iniziato la sua missione di evangelizzazione del Salento. L’originario Tempio dedicato alla Madre di Dio risaliva alla metà del V secolo; ma fu distrutto non meno di cinque volte dai Saraceni. L’attuale Santuario [contornato da un maestoso palazzo] è stato edificato nei primi decenni del sec. XVIII.

“Santa Maria di Cotrino” – Latiano [Brindisi]

Le origini del Santuario campestre di Cotrino, cui è annesso il Monastero dei Padri Cistercensi che vi si sono stabiliti dal 1922, risalgono al ritrovamento miracoloso di una effigie bizantina di Madonna [del tipo della glikophilousa] ad opera di una certa Lucia di Basilicata, cieca sorda e muta, alla quale la Vergine sarebbe apparsa verso la fine del sec. XVI, restituendole la piena integrità fisica.

Come per gli altri Santuari del Brindisino, la devozione alla Madonna qui è molto sentita e non raramente caratterizzata da suggestive celebrazioni popolari.

Madonna dello Sterpeto – Barletta

Madonna dello Sterpeto è la denominazione con cui la Vergine Maria viene venerata a Barletta. L’icona bizantineggiante della Vergine di origine medioevale, già molto venerata dal popolo fin dal 1657, anno -secondo la tradizione- del ritrovamento nel casale dello Sterpeto (a 3 km da Barletta), fu proclamata Santa Patrona della città e speciale Protettrice nel 1732.

Il culto della Madonna dello Sterpeto è legato alla grande peste che afflisse la città nel 1656 e che ridusse di oltre due terzi la popolazione barlettana.[1] Si ritiene che l’epidemia abbia avuto inizio con l’arrivo a Napoli degli spagnoli e che gli intensi traffici commerciali tra la città partenopea e la Puglia abbiano accelerato l’espandersi della peste. Tra le città più colpite vi fu Barletta. Il governo cittadino, non sapendo come fermare l’epidemia ed evitare le numerose vittime, decise di affidare la città al volere di Gesù Eucaristico, del Santo Legno della Croce di San Ruggero e di Maria.[2] Nel luglio del 1656 dei contadini ritrovarono presso un antico monastero diroccato del XIII secolo sito nelle campagne barlettane, un quadro della Madonna, perfettamente intatto nonostante le intemperie dei secoli, conservato in una cella sotterranea. La scoperta coincise con un improvviso rallentamento della peste, associato dalla comunità barlettana all’intercessione della Vergine. Fu così che, dagli sterpi tra i quali era stato rinvenuto il quadro della Madonna, la protettrice fu chiamata Madonna dello Sterpeto e in seguito fu dichiarata Santa Patrona di Barletta.
L’icona fu solennemente incoronata a nome del Capitolo Vaticano, dall’ Em.mo Card. Alfredo Ottaviani il 28 maggio 1961.

Santuario di S. Maria Madre della Chiesa – Brindisi

Il Santuario di S. Maria Madre della Chiesa (in contrada Jaddico) a circa km. 8 dal centro della città di Brindisi, fu costruito fra il 1963 e il 1965 dal sig. Teodoro D’Amici, coadiuvato da un ristretto gruppo di fedeli, in seguito a fatti straordinari (al vaglio dell’Autorità ecclesiastica), che si verificarono dal 14 agosto 1962 al 27 maggio 1963, intorno ad un antico muro, recante un affresco della B. V. Maria che stringe al seno il suo Divin Figlio.
II predetto muro rappresentava e rappresenta i resti della preesistente Chiesa passata alla storia col titolo di Madonna di Gàllico, andata in rovina alla fine del sec. XVIII, tant’è che fino al 1777 era ancora in piedi come si apprende dal Cabrèo (Catasto o Sommario dei beni medioevali), che di essa si occupa.
Dal medesimo Cabrèo apprendiamo che la chiesa di media grandezza, aveva tre altari: quello con l’affresco della Madonna, l’altro con un quadro del Crocifisso e il terzo con l’immagine di S. Eligio (santo francese molto noto e venerato in Francia – Saint Eloj) donde l’attendibilissima supposizione ch’essa sia stata costruita nei secoli in cui gli Angioini (Francesi) regnavano in Napoli.
Della preesistente Chiesa della Madonna di Gàllico stanno parti di colonne barocche a tortiglione con catello, poste di recente a base del nuovo altare centrale ed un’altra mezza colonna rococò, forse il fusto dell’acquasantiera, di cui si parla nel citato Cabrèo, a base dell’attuale ambone.
Dalla “Cronaca dei Sindaci di Brindisi” si rileva che Chiesa della Madonna di Gàllico rappresentava una tappa d’obbligo per gli Arcivescovi, che giungevano a Brindisi per prendere possesso della diocesi.
Ricostruita dalle fondamenta, come s’è detto fra il 1963 e il 1965, fu canonicamente riconsacrata dal Vescovo della diocesi a quattro ore dalla chiusura del Concilico Vaticano II, con dedica a S. Maria Madre della Chiesa, titolo con cui i Padri conciliari salutavano la Vergine, ond’è che si ha ragione di credere che sia stata la prima chiesa nel mondo con tale titolo.
Sin dal 1965 i pellegrinaggi provenienti dai Comuni limitrofi, sono andati sempre aumentando e quotidianamente numerosi sono coloro che si fermano per un saluto alla Vergine e un momento di preghiera.
Dal 27 novembre del 1986 l’attività pastorale presso il Santuario è affidata ai Padri Carmelitani Teresiani della Provincia religiosa napoletana, impegnati nell’alimentare il culto verso la Madre della Chiesa e nel promuovere la vita spirituale. direzione spirituale, ecc.
Annesso al Santuario va sviluppandosi un insieme di opere che formeranno la “cittadella Mariana” secondo i programmi della Pia Associazione della Madonna, che hanno il merito di aver potuto creare in Brindisi un’oasi di spiritualità mariana.

Santuario della Madonna di Valleverde dei PP. Vocazionisti Bovino (FG)

  In dettaglio descrive che nella località chiamata Mengacha, in un bosco di querce e di lecci, la Vergine apparve ( in sogno ) al legnaiolo Niccolò presso una sorgente, esortandolo a convincere clero e cittadini a edificare una chiesa in suo onore. < Figlio mio, io sono la Vergine Maria, madre di nostro Signore Gesù Cristo, ………Una sola cosa voglio e ti dico che tu vada a Bovino e riferisca al clero e ai cittadini che Santa Maria che un tempo dimorava in un territorio, il cui nome era Chiesa di Santa Maria di Valle Verde, per la cattiveria e l’iniquità degli abitanti di quel paese, per volere di Dio suo figlio, se ne allontanò e ora vuole dimorare e stare in Puglia nel territorio di Bovino a difesa dei suoi abitanti, i quali vengano e mi costruiscano una casa, il cui titolo sia chiesa di Santa Maria di Valle Verde >…..< Vieni con me; e accompagnandosi insieme, raggiunsero lo stesso luogo, dove per la prima volta Niccolò aveva visto la Signora, ed Ella gli indicò il lato della lunghezza e della larghezza della chiesa e dove dovessero essere le porte e l’altare, segnandolo con fronde  intrecciate  dall e sue  santissime mani >….< Veduto questo, il Vescovo, i preti e i cittadini lodarono il Signore e la sua Santissima Madre cantando un Te Deum di ringraziamento per la grazia ricevuta ed incominciarono subito a cavare i fondamenti della Chiesa, conforme al disegno e modello fatto dalla Beata Vergine. E sparsasi la fama di questo nella Puglia, tutti i Vescovi vicini vi accorsero con i loro cleri, cantando le litanie ed altre lodi spirituali. E cavati che furono i fondamenti, vi posero le pietre benedette da dodici vescovi, il primo dei quali fu Vescovo di Ascoli, come primo degli altri giunto sul luogo, ed anche come primo di tutti i Vescovi suffraganei della Metropoli di Benevento. E cominciarono poscia ad edificare la chiesa, la quale in breve tempo fu finita e dedicata al nome di essa gloriosissima e sempre Vergine Maria di Valleverde e vi collocarono il suo simulacro, di bellissima scultura, col Figlio in braccio. I Vescovi che furono presenti alla benedizione delle prime pietre, quando si edificò la suddetta chiesa, sono i seguenti: il Vescovo di Ascoli, il cui nome non si sa; Guglielmo, Vescovo di Melfi; Giovanni, Vescovo di Rapolla; Ursino, Vescovo di Monteverde; Antonio, Vescovo di Lacedonia; Perenne, Vescovo di Lesina; Bartolomeo, Vescovo di Lucera; Zaccaria, Vescovo di Bisaccia; Benedetto, Vescovo di Volturara; Odosio, Vescovo di Trivento; Battista, Vescovo di Bovino; Giovanni, Vescovo di Termoli .

La costruzione della primitiva Chiesa, dedicata a S. Maria di Valleverde, fu iniziata dal Vescovo Giovanni Battista a partire dal 1266 nella località chiamata Mengacha nel bosco dove Niccolò per la prima volta aveva incontrato in sogno la Madre di Dio. Dopo poco tempo, forse già nel 1266, la chiesa si ergeva decorosa e aggraziata in un accogliente anfiteatro naturale. Le sue dimensioni erano ridotte e rispondevano verosimilmente a quelle riportate dal Nicastro, che afferma che essa “ misurava pochi palmi corrispondenti  a poco  più di 70 metri quadrati ”. L’interno era rude e spoglio e ben presto le nude pareti si coprirono di torce votive. Sull’altare invece rifulgeva e troneggiava il simulacro ligneo di bellissima fattura della Vergine Maria di Valleverde col figlio in braccio.
Per incrementare il culto e accogliere degnamente i devoti che numerosi accorrevano, il Vescovo Mainerio nel 1286 eresse attiguo alla Chiesa un eremo ( o piccolo Cenobio ) che nel 1287 affidò ai monaci dell’abbazia Cistercense di S. Maria di Ripalta, sul Fortore.
I Cistercensi promossero con zelo instancabile l’amore verso la Vergine e con la loro edificante vita santificarono quel Santuario, luogo prediletto da Maria. La devozione alla dolce Regina si propagò così ovunque e dai paesi vicini e lontani accorreva gente a venerarla.
I Cistercensi restarono a Valleverde per 321 anni, fino al 1608, quando fu soppressa la Badia di S. Maria Maggiore ed il Cenobio di Ripalta, da cui dipendeva.

In seguito, dopo essere stato per molti anni dimora di qualche eremita, nel 1658 fu dal Vescovo Vincenzo Roviglione eretto in abbazia laicale.
Nel 1745, il Ven. Vescovo Mons. Lucci unì i beni dell’abbazia di Valleverde al Collegio dei Mansionari della Cattedrale di Bovino, affidando ad essi la custodia del Santuario.
Ai Mansionari  successero nel 1842, per opera del Vescovo Mons. Farace, i Frati Minori osservanti, che vi restarono fino al 1901. Nel periodo della loro permanenza ampliarono il Convento, costruirono la fontana e abbellirono la Chiesa. In quest’opera furono aiutati dal Cavaliere Giuseppe Dentice dei Duchi di Accadia. Nel 1876, per iniziativa del Vescovo Mons. Cantoli, la sacra immagine della Vergine venne solennemente incoronata previa deliberazione del Capitolo Vaticano.

Dal 1901 al 1912 il Santuario tornò ad essere ufficiato dal clero secolare di Bovino. Nel 1910, su istanza del Vescovo Mons. Padula, il santo Padre Pio X , con venerato  decreto della Congregazione dei Riti, dichiarava e costituiva < la Beatissima Vergine di Valleverde Compatrona ugualmente principale, insieme a S. Marco Vescovo e Confessore, della città e della diocesi di Bovino >, ordinando altresì che la festa della stessa Compatrona fosse celebrata il 29 agosto in tutta la diocesi.
Nel 1912 il Convento e la Chiesa di Valleverde furono affidati alla Comunità religiosa dei PP. Passionisti fondata da S. Paolo della Croce. Grazie al loro zelo e alla munificenza del Vescovo Fiodo alla fabbrica del Convento furono aggiunti due nuovi bracci, che uniti agli antichi, anch’essi restaurati, formavano un bel quadrilatero. Venne altresì restaurata la Chiesa, ridotta a forma semplice e decorosa e arricchita di due altari laterali in marmo, con le statue del Sacro Cuore di Gesù e di S. Giuseppe, di due pile per l’acqua benedetta e di una spaziosa sagrestia. Nel 1914 la Chiesa fu solennemente consacrata dal predetto Vescovo Mons. Fiodo ed ascritta alla patriarcale Basilica di S. Maria Maggiore.

I Passionisti, nel 1921, appena dopo nove anni lasciarono il Convento e il Santuario che tornarono alla cura dei Canonici del Capitolo Cattedrale di Bovino. Dopo una breve  presenza dei Padri Missionari Comboniani  nel 1927, la custodia del Santuario  nel 1930  venne affidata dal Vescovo Mons. Cuccarollo  alla Congregazione Religiosa “Società Divine Vocazioni “, comunemente chiamata dei Padri Vocazionisti , fondata da don Giustino Russolillo. Intanto il terremoto del Vulture  aveva danneggiato notevolmente il Santuario che necessitava di interventi urgenti che attuati con l’impegno dei  Padri Vocazionisti  e  l’appoggio dell’allora Podestà , Antonio Manuppelli, impressero alla chiesa “ un nuovo carattere architettonico, sia nel prospetto  che all’interno” da farla sembrare una aggraziata piccola basilica “. Una bella facciata di stile lombardo con tre porte che guardavano Bovino. Lunga 16 metri e larga poco più di 14, a tre navate, divise da due ordini di grosse colonne di cemento architravate e illuminate da finestroni. Nell’abside della navata centrale, sovrastava l’altare di marmo la nicchia con l’Immagine taumaturga della Vergine; una piccola balaustra delimitava il presbiterio. Sulle pareti di fondo delle due navate laterali gli altari del S. Cuore di Gesù e di S. Giuseppe. A fianco di quest’ultimo  la nuova spaziosa sagrestia, da dove una scala portava al Convento, fornito di due cori. Pochi fregi di stucco adornavano la navata centrale. Ai lati della nicchia, due modesti affreschi che rievocavano  l’apparizione della Vergine e la posa della prima pietra della Chiesa e, al di sopra in giro, gli stemmi dei 12 vescovi  che secondo la tradizione intervennero alla sacra cerimonia.

PS: Abbiamo dimenticato qualche santuario dedicato alla Beata Vergine Maria della Tua Regione? Segnalalo qua sotto nello spazio dei Commenti! Grazie!

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7 Commenti

  1. Salve, volevo segnalarvi il “Santuario della Madonna del Sabato” a Minervino Murge (BT), meta ancora oggi di numerosi devoti, il “Santuario della Madonna di Fatima” a Trani (BT), e la Chiesa agreste intitolata a “Santa Maria di Costantinopoli” a Canosa di Puglia (BT). Ave Maria!

  2. Concetta Baglivo

    Santuario Madonna delle Grazie San Marzano di San Giuseppe . Chiesa rupestre.

  3. Ave Maria Vorrei segnalarvi il Santuario Santa Maria Madre della Chiesa PP.Carmelitani Scalzi contrada jaddico (BR) Santuario della Madonna di Valleverde dei PP. Vocazionisti Bovino (FG) Pace e Bene.

  4. Ave Maria!
    Avete dimenticato la bellissima storia del Santuario della Beata Vergine Maria dello Sterpeto di Barletta, Civitas Mariae.

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