Religione e magia non si alimentano a vicenda ma sono al contrario in rapporto inversamente proporzionale: è un dato di fatto che laddove vien meno il senso religioso, aumenta l’interesse per il magico, a danno della vera felicità e realizzazione umana.
È da tempo che dati sociologici ci dicono che sempre più persone si lasciano affascinare dal “magico”. Studi di cartomanti e fattucchiere non conoscono crisi, millantano di liberare da qualsiasi fattura… di certo da quelle fiscali perché – pare – che con il fisco i rapporti non siano proprio idilliaci… ma lasciamo perdere.
Recentemente la Conferenza Episcopale della Sicilia ha organizzato un convegno di esorcisti dove è stato lanciato un allarme: sempre più giovani si danno a pratiche esoteriche ed occultiste causando l’insorgere di influenze straordinarie del maligno sulle loro persone.
Ne abbiamo già parlato più volte: il tutto ha una logica. Religione e Magia non si alimentano a vicenda così come ha sempre creduto e affermato un’interpretazione “positivista” del sacro, bensì sono in un rapporto inversamente proporzionale: quando la religione viene meno, il fascino e la fruizione del magico aumentano. Non a caso in Italia le città più “magiche” non sono quelle del profondo Sud, bensì città emancipate come, per esempio, Bologna e Torino. Sì: Bologna… sarebbe il caso di dire: da Marx ai maghi!
Ma – dicevo – di questo abbiamo già parlato in vecchi articoli. Piuttosto una riflessione nuova la possiamo fare. Una riflessione che nasce da un interrogativo: a quali conseguenze esistenziali porta l’appassionarsi alla magia? L’uomo che cerca una risposta nella magia alle sue ansie e ai suoi problemi si sente più o meno felice?
La risposta ce la fornisce la Sacra Scrittura. Precisamente l’episodio di Caino e Abele: «Dopo un certo tempo, Caino offrì frutti del suolo in sacrificio al Signore; anche Abele offrì primogeniti del suo gregge e il loro grasso» (Gen 4,3-4). Tra i due fratelli vi era una sostanziale differenza: Abele riconosceva realisticamente l’appartenenza al Signore e, attraverso i frutti migliori, offriva a Dio l’intera sua vita. Caino, invece, non potendo non riconoscere Dio (l’insegnamento del peccato dei suoi genitori era ancora stampato lì nella sua mente a vincolarlo) relegava il Signore in un cantuccio della sua esistenza, e tutto questo era significato dal dono dei frutti peggiori o perlomeno non completi. Ebbene, l’esperienza magica non è altro che relegare il soprannaturale in un cantuccio della vita (anche se di fatto può avere un’esplicazione integrale e fanatica nelle sua manifestazioni) per manipolarlo tecnicamente a proprio uso e consumo.
Ma il racconto biblico non finisce qui: «Il Signore gradì Abele e la sua offerta, ma non gradì Caino e la sua offerta. Caino ne fu molto irritato e il suo volto era abbattuto» (Gen 4,4-5). Dunque Caino, per il suo deliberato atteggiamento, non provò solo irritazione, ma anche abbattimento; e questo è facilmente spiegabile. La tentazione magica di potere per cui l’uomo manipola il sacro creaturalizzandolo, fino ad arrivare ad esaurire il mistero, è una tentazione che contraddice la struttura fondamentale dell’essere uomo. Oltre ad un’impossibilità di tipo logico, il cuore dell’uomo, esistenzialmente, non è fatto per esaurire il mistero.
Nel momento in cui pretende farlo si condanna al vuoto, all’insoddisfazione, al rammarico dell’impotenza. L’homo magicus è un uomo costretto a dover fare i conti solo con se stesso. Dopo essersi proclamato artefice e manipolatore del sacro, non deve nel sacro e nel mistero (quindi al di fuori di sé) trovare le risposte a quelle domande fondamentali che strutturalmente e costitutivamente porta nel suo cuore. È costretto a ricercare esclusivamente nel suo io, nel suo finito, delle risposte che non colmano la grandezza del suo desiderio; e la conseguenza di questa sproporzione è l’insoddisfazione, e quindi il vuoto esistenziale.
Questo è il fallimento di un atteggiamento che disconosce il limite umano, che disconosce il giudizio del mistero sull’uomo. È l’atteggiamento che caratterizza la magia, l’antropocentrismo moderno, il nichilismo… e perché no?, anche (e non esagero) un certo modo di vivere il cristianesimo oggi, per cui sembrerebbe quasi che Cristo sia un optional a cui occasionalmente fare riferimento soprattutto a livello interiore, soggettivo ed intimistico, ma senza che Egli fondi integralmente, come persona viva, la nostra persona e le manifestazioni sociali della nostra persona.
Quando sentiamo dire frasi come: L’identità cristiana non deve entrare nella vita con gli altri, non deve entrare nel mondo del lavoro, nel sociale, nelle scuole, nelle università, non deve entrare nella vita economica e politica… Quando sentiamo tali affermazioni di chiaro stampo laicista, per giunta avallata da tanti cristiani, non certo ci troviamo di fronte ad un atteggiamento di tipo religioso, bensì di tipo “magico”.
O Cristo è tutto per l’uomo o non è nulla.
Io ho bisogno di parlare con un esorcista non ce la faccio più chiedo aiuto. Grazie mille Luisa Fabbri
Salve, io penso che una persona mi ha fatto un malocchio nel senso che nulla mi va bene su una cosa specifica che non sto a citare. Vorrei sapere chi mi può aiutare x vedere se ciò mi è stato fatto. Grazie di cuore!