La santità è tutta la nostra gioia, il peccato è tutta la Ia nostra tristezza. «Vi annunziamo una grande gioia» (Lc 2,10): queste sono le parole del primo evangelion (annuncio) angelico ai pastori di Betlemme.
I Magi al vedere di nuovo la stella provarono una grandissima gioia» (Mt 2,10). Maria, nella Tradizione cristiana, è questa Stella del mattino, la Stella del mare, Stella di luce gioiosa.
Stella in ebraico si dice Ester e nell’Antico Testamento la regina Ester e Giuditta prefigurano Maria Santissima, Causa della nostra gioia. Per intercessione della regina Ester, nel giorno in cui doveva essere sterminato il popolo eletto, fu sterminato il suo nemico e accusatore. Il giorno di tristezza divenne così giorno di gioia grande per il popolo di Dio.
Per diretto intervento di Giuditta, che mozzò il capo di Oloferne, la Città santa fu liberata dal suo assedio. «La donna ti schiaccerà il capo» (Gen 3,15; Vulgata), profetizzò il Signore al nemico dell’umanità. Il popolo cantò a Giuditta un inno di gioia per aver decapitato il capo dei suoi nemici: «Tu gloria Hierusalem, tu laetitia Israhel, tu honorificentia populi nostro» (Gdt 15,10; Vulgata).
La gioia in questa valle di lacrime è tanto più intensa quanto più è preceduta dalla tristezza. La vita su questa terra è una «valle di lacrime», ce lo assicura l’antica antifona mariana della Salve Regina. In tanta oscura tristezza, brilla la luce gioiosa del Fiat di Maria, che riapre le porte del Paradiso a coloro che erano, al dir del grande sant’ Agostino, massa dannata.
Il primo ad esultare fu Giovanni il Battezzatore. Bastò la voce di Maria per farlo sussultare nel grembo di santa Elisabetta. Esultarono anche gli antichi Servi di Dio, che da secoli attendevano la liberazione nel Limbo dei Patriarchi.
Esultano le anime che dalla Madre misericordiosa sono liberate dal fuoco purificatore.
La letizia è la gioia dello spirito, è qualcosa di divino. Scaturisce sempre dall’incontro dell’anima con Dio. Non è da confondersi con il semplice piacere, il quale deriva dalle creature che soddisfano le inclinazioni naturali. Gioia e piacere non sempre si oppongono, perché lo spirito che anela a Dio sa gioire anche della piacevolezza delle creature, in . quanto sono “una scala” verso Dio. Spesso però gioia e piacere si oppongono, quando il piacere è amato per se stesso, . o comunque in modo disordinato, contro il Comandamento di Dio.
Sant’Agostino riassumeva il tutto in questo lapidario aforisma:
«Il peccato consiste nel gioire dei mezzi che sono per l’uso come se fossero il fine e di usare del fine come se fosse un mezzo».
Giochi di parole a parte, il concetto fondamentale è chiaro e ancora con sant’Agostino lo definiamo:
«Il peccato è sempre un eccessivo amore verso le creature, che porta ad un disamore verso Dio».
Il piacere fine a se stesso gioca un ruolo decisivo nella dinamica psicologica della tentazione. Il racconto biblico del l’ peccato dei Progenitori l’illustra con profondità inarrivabile e attualità perenne (cf. Gen 3).
Maria Santissima è la causa, la fonte della nostra letizia, perché ci ha donato e continua a donarci Dio. Il tentatore ti promette felicità donandoti le creature, il denaro, la sensualità, il mondo intero. Ma è bugiardo sin dal principio. Ammesso che ti faccia padrone del mondo – e a quale prezzo! -, il mondo sarà la tua prigione e la tua rovina, perché la tua anima perirà con esso.
Il saluto dell’Angelo a Maria andrebbe tradotto letteralmente: «Rallegrati, o piena di grazia» (Lc 1,28). Perché? Per· ché «il Signore è con te» (Lc 1 ,28). Ecco l’unica vera ragione dell’allegrezza, della gioia di Maria e dell’umanità: stare con il Signore ed essere da Lui riempiti di grazia. Maria, piena di grazia, è anche piena della vera gioia. Dal suo Cuore la letizia trabocca e si riversa su di noi per colmare il nostro vuoto, per fugare la nostra tristezza.
Santa Elisabetta la proclama beata, perché ha creduto (cf. Le 1,45). Alla grazia di Dio, alla sua presenza d’amore in Lei, corrisponde la fede di Maria. Senza fede non si può piacere a Dio. Senza fede il dono di Dio viene sprecato e nell’uomo continuano a regnare le tenebre. La gioia non c’è in lui. Il mondo senza fede è un mondo senza speranza e vivere senza speranza significa morire disperati.
La letizia è la pregustazione della beatitudine paradisiaca. Chi l’ha assaporata almeno una volta nella vita, prova una nostalgia irresistibile per il Paradiso. Al suo confronto ogni piacere o gioia terrena sono valutati come spazzatura.
San Francesco è il Santo della perfetta letizia perché ha saputo disprezzare, cçm una radicalità difficilmente raggiungibile, ogni altro piacere effimero. Ha insegnato a cercare la vera gioia nella Croce del Signore e a prendere Maria Santissima come Madre e Maestra insuperabile di questa divina Sapienza.
I figli di san Francesco hanno accolto l’eredità del loro Serafico Padre ed hanno propagato nel mondo intero la devozione alle Sette Allegrezze della Vergine Maria.
<<Attingerete con gioia alle sorgenti della salvezza» (Is 12,3): questa mistica Sorgente è Maria, perché da Lei viene il Salvatore e, con Lui, la nostra vera gioia. E «la gioia del Signore I è la vostraforza» (Ne 8,10), dice Neemia: forza per vincere le seduzioni del mondo, che subito si cambiano in amara desolazione. Cantiamo con la Liturgia:
«Con quale spirito, con quanta diligenza Maria esegue ciascun desiderio del Padre! Con quanta gioia la Vergine, si affretta a compiere i suoi materni uffici! Così avvenga per tutti noi. Che tutti ci stringa come a un patto di carità, così che, nutrendo la pace domestica, temperi le amarezze della vita»45.
<<Ave, per te la gioia risplende; ave, per te il dolore si estingue […]. Ave, per te la terra tripudia con i cieli»46.
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45. Innario latino.
46. Inno Akathistos.