In lingua vernacola diciamo Vergine degna di lode, prega per noi! L’invocazione è simile alla precedente. Con essa forma un parallelismo quasi sinonimico, a rafforzare il concetto comune: la Vergine Maria è degna di ogni onore e di ogni lode. Vi si distinguono, tuttavia, due accentuazioni diverse: Virgo veneranda dice relazione soprattutto all’onore cultuale; Virgo prædicanda alla lode teologica, letteraria e artistica. Qui sono chiamati in causa soprattutto i predicatori della Parola di Dio, affinché nessuna esitazione li trattenga dall’esaltare Maria come si conviene.
Pio XII, nel Discorso del 17 luglio 1954, affermava in proposito:
«Non abbiate mai timore di esaltare troppo Colei che risplenderà nell’eternità come il capolavoro di Dio, la più meravigliosa delle creature, lo specchio più radioso delle perfezioni divine».
Nelle parole del Pastore Angelico riecheggiano quelle di san Massimiliano M. Kolbe:
«Non temete di amare troppo la Madonna, perché non arriverete mai ad amarla come l’ha amata Gesù».
Il primo a fissare questi concetti in una formula fu un discepolo di san Bernardo nel XII secolo. Il motto è: «De Maria numquam satis». Alla lettera: «Di Maria non è abbastanza», sottintesa la lode e l’onore che Ella si merita, in tutta verità.
Il beato Giovanni Duns Scoto, nel secolo successivo, applicò il principio di san Bernardo alla ricerca teologica:
«Bisogna attribuire a Maria tutto ciò che è più eccellente, purché non ripugni all’autorità della Chiesa né all’autorità della Scrittura».
Sant’Alfonso Maria de’ Liguori, nel XVIII secolo, poi, sviluppò e commentò tale principio:
«Quando un’opinione è di natura tale che in qualche modo apporta un contributo alla gloria della Santissima Vergine, e nella quale si trovino concetti plausibili e non contrastanti né alla Fede, né ai Decreti della Santa Chiesa, né alla Verità, è certo mostrare ben poca devozione alla Madre di Dio il non accettarla. Peggio poi sarebbe il combatterla, sotto pretesto che potrebbe forse essere vero il sentimento ad essa opposto. Per conto mio non vorrei essere di questi spiriti parsimoniosi e non vorrei che di tale spirito fossero i miei lettori. Siamo piuttosto fra quelli che credono pienamente e fermamente tutto ciò che, senza errore, si può ammettere a gloria di Maria. Questo pieno e semplice credere a tutte le sue grandezze è uno degli omaggi più graditi che la Madre di Dio possa ricevere da noi».
Lo spirito di queste affermazioni è confluito nel testo promulgato dal Vaticano II, che recita così:
«Il Sacrosanto Concilio […] esorta inoltre caldamente i teologi e i predicatori della Parola divina ad astenersi con ogni cura da qualunque falsa esagerazione come pure da una eccessiva ristrettezza di mente nel considerare la singolare dignità della Madre di Dio»32.
In cosa consiste la falsa esagerazione? Consiste, per esempio, nell’attribuire a Maria il culto di latria riservato alla Divinità, come facevano gli eretici colliridiani nel IV e V secolo; oppure nel considerarla la quarta persona divina della Santissima Trinità – cosa che suona una contraddizione in termini, ma che purtroppo è affermata da qualche pseudo- mistica contemporanea –; oppure considerarla la vera e propria Incarnazione dello Spirito Santo, come fa qualche maldestro teologo femminista. Queste sono false esagerazioni dalle quali, benché rare, ci dobbiamo guardare.
La Vergine si onora dicendo la verità, la falsità non onora nessuno. Più frequenti, però, sono ai nostri giorni le ristrettezze mentali di chi vuole spogliare Maria dei suoi Privilegi, del suo manto regale e rivestirla dell’umile grembiule del servizio e della ferialità. Ben inteso: il grembiule del servizio e del lavoro feriale si addicono alla vita terrena della Vergine Maria non meno di quanto le si addicano il diadema della Regalità e l’eccellenza trascendente nella vita celeste.
L’esaltazione di Maria in Cielo è proporzionale alla sua umiliazione sulla terra. Considerare solo uno di questi due aspetti essenziali, escludendo l’altro complementare, significa fare un grave torto alla Verità e produrre una mariologia caricaturale. La ristrettezza mentale non sta nell’attribuire a Maria l’umiltà, la creaturalità, il servizio, il lavoro feriale, ma nel concepire tutto questo in modo unilaterale, come fossero i caratteri della nostra grigia mediocrità.
In realtà, Maria Santissima era più umile, più sottomessa, più servizievole di quanto mente umana possa immaginare, ma anche in questo suo abbassamento Maria era una donna straordinaria, unica nel suo genere, tanto umile da attirare lo sguardo di Dio su di sé: «Ha guardato l’umiltà – tapeinosin – della sua serva» (Lc 1,49), tanto dedita al servizio del lavoro feriale da definirsi la «Schiava – Doule – del Signore» (cf. Lc 1,38). Per questa sua straordinaria piccolezza, Ella è un modello per ogni tipo di lavoro, anche il più umile.
Tuttavia, per mezzo di Lei ogni ferialità si trasfigura in offerta soprannaturale, tanto che ogni giorno lavorativo diventa, per mezzo di Lei, una festa solenne al Dio della vita, che sostiene l’uomo nella diuturna fatica del dovere quotidiano.
Predicare Maria significa “evangelizzare Maria”, significa annunciare la buona Novella per mezzo di Maria. Cristo viene e vince per Maria. La Salvezza si realizza per Maria, con Maria, in Maria. Senza il Sì di Maria all’Incarnazione non ci sarebbe il Sì di Cristo alla Redenzione.
La Vergine ha parlato poco nel Vangelo, ha preferito parlare attraverso suo Figlio: «Fate quello che egli vi dirà» (Gv 2,5). Anche oggi preferisce parlare attraverso la Chiesa. Ma quando la Chiesa esita, Lei non esita, e parla, come ha fatto a Fatima più di novant’anni or sono: «Gesù vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato». Diamo voce alla Vergine Maria con la nostra voce, con la nostra testimonianza di vita cristiana e mariana. Non lasciamoci raffreddare nell’amore e nella lode verso di Lei, perché
«tanti sono i beni di Santa Maria che nessuna lingua potrà elencarli tutti, neanche se fosse di ferro e non tacesse mai, notte e giorno. Se il cielo stellato fosse una pergamena e il mare immenso inchiostro e vivesse per sempre un uomo istruito a scrivere, pure non riuscirebbe che a tracciarne una minima parte»33.
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32. LG 67.
33. Alfonso il Saggio, I Cantici della Vergine Maria, ed. in spagnolo a cura di J. Filgueira Valverde, Madrid 1985, p. 190.