Virgo veneranda, ora pro nobis

stellamatutina-litanie-lauretane-padre-alessandro-apollonioVergine degna d’onore: così suona la traduzione italiana più comune di Virgo veneranda. Maria stessa aveva profeticamente annunziato nel Magnificat: «Tutte le generazioni mi chiameranno beata» (Lc 1,48). La prima a chiamare beata Maria è stata sant’Elisabetta (cf. Lc 1,43-44). Ma anche la storia lo conferma: tutti, principalmente i credenti, tendono ad onorare Maria, la degnissima Madre di tutti. «Onora il padre e la madre», recita il quarto Comandamento del Decalogo divino. L’universalità di questa legge travalica i confini visibili della Chiesa e si estende alla natura umana, a tutta l’umanità. Si spiega così perché tutti gli uomini di buona volontà, indipendentemente dal loro credo religioso, nutrano un affetto “istintivo”, irresistibile verso Maria, la Madre dei viventi.

Le ispirate parole del suo Cantico riprendono la profezia del Salmo 44 sulla Figlia del Re: «Farò ricordare il tuo nome per tutte le generazioni e i popoli ti loderanno in eterno, per sempre» (v. 18). Vi riecheggiano anche i motivi dell’elogio a Giuditta, vittoriosa sul nemico del Popolo di Dio: «Benedetta sei tu, figlia, davanti al Dio altissimo più di tutte le donne che vivono sulla terra e benedetto il Signore Dio che ha creato il cielo e la terra e ti ha guidato a troncare la testa del capo dei nostri nemici. Davvero il coraggio che hai avuto non cadrà dal cuore degli uomini, che ricorderanno sempre la potenza di Dio. Dio faccia riuscire questa impresa a tua perenne esaltazione» (Gdt 13,18-20).

L’accostamento di Giuditta a Maria Immacolata ci permette di considerare meglio la potenza liberatoria del culto mariano. Maria è venerata perché vittoriosa sul diavolo e la venerazione di Maria rende vittoriosi sul diavolo anche coloro che la praticano con sincerità. Forse non è la ragione principale del culto mariano, ma è certamente parte essenziale di essa. Questo aspetto del culto mariano, inoltre, ha dei risvolti pratici assai importanti, anzi, necessari per la vita cristiana. Senza la devozione a Maria, l’anima del cristiano è come se fosse assediata da Oloferne, ma non possedesse la fede, l’acume, la forza ed il coraggio di Giuditta. La Chiesa senza culto mariano è come la città di Betulia senza Giuditta. Questo è vero nella vita della Chiesa ed anche nella vita dell’anima.

San Giuseppe adorava Dio «con tutta la sua anima e con tutte le sue forze» (Dt 6,5), da pio israelita qual era. Ed amava Maria come se stesso, e più di se stesso perché riconosceva in Lei una creatura Immacolata che lo precedeva nel cammino della santità. Nel momento dell’angustia decise di ripudiarla, perché le tenebre fitte del mistero lo avvolgevano, impedendogli di vedere il segno di Dio in Lei. Ma voleva che ciò avvenisse in segreto, perché sapeva e vedeva quanto la sua Sposa fosse degna d’ogni onore. Come Abramo era pronto a sacrificare il suo amore paterno, così san Giuseppe era pronto a sacrificare il suo amore sponsale, pur di compiere ciò che gli sembrava giusto davanti a Dio. L’adorazione di Dio e la venerazione di Maria, nonostante l’afflizione immensa che l’opprimeva, suscitarono in lui la massima disposizione alla fede teologale nell’Incarnazione del Figlio di Dio. Nessuna esitazione ritardò, dunque, l’adesione di san Giuseppe all’angelica rivelazione notturna. Egli credette che “quel che era nato in Maria era opera dello Spirito Santo”, perché egli già lo desiderava con tutte le sue forze. I pastori, dopo san Giuseppe, furono i primi adoratori di Gesù ed i primi a rendere culto a Maria, sua Madre. I Magi, che in seguito vennero ad adorare Gesù, lo trovarono con sua Madre, la Ghebirà. Come i doni che portarono al Messia giunsero a Lui per le mani di Maria, così la loro adorazione gli giunse per il Cuore Immacolato di Lei.

Il Magistero della Chiesa ha sempre incoraggiato il culto di speciale venerazione (iperdulia) alla Vergine Maria. Nel 787 il Concilio niceno II difese e promosse il culto delle immagini, tra le quali spiccano le immagini di Cristo e della sua Vergine Madre. Il Concilio Vaticano II dedicò parole stupende al culto mariano:

«Maria, perché Madre Santissima di Dio presente ai misteri di Cristo, per grazia di Dio esaltata al di sotto del Figlio, sopra tutti gli angeli e gli uomini, viene dalla Chiesa giustamente onorata con culto speciale» (LG 66).

A coloro che temono di detrarre, venerando Maria, il debito onore a Cristo, risponde lo stesso Concilio, dichiarando che:

«Le varie forme di devozione verso la Madre di Dio […] fanno sì che, mentre è onorata la Madre, il Figlio, al quale sono volte tutte le cose, e nel quale “piacque all’Eterno Padre di far risiedere tutta la pienezza”, è debitamente conosciuto, amato, glorificato, e siano osservati i suoi comandamenti» (LG 66).

Per porre fine ad una sorta di crisi del culto mariano nella Chiesa del post Concilio, Paolo VI scrisse l’Esortazione Apostolica Marialis cultus (2 febbraio 1974), in cui afferma, tra le altre cose, che «la pietà della Chiesa verso la Vergine Maria è elemento intrinseco del culto cristiano» (n. 56).

Concludiamo con un fioretto francescano-mariano. Siamo a Parigi, agli albori del XIV secolo. Il beato Giovanni Duns Scoto, Dottore Francescano sottilissimo, si prepara ad affrontare in disputa accademica gli avversari dell’Immacolata Concezione. Davanti ad una statua della Madre di Dio, prega così: «Concedimi di lodarti, Vergine Santissima, dammi forza contro i tuoi nemici». La disputa si conclude in un trionfo. Comincia il cammino della tesi immacolista verso la definizione dogmatica – che si realizzerà nel 1854 –, a partire dal cuore del mondo accademico medievale: l’università parigina della Sorbona. La lode, la venerazione a Maria è la forza della Chiesa, la forza dei cristiani per instaurare il Regno di Cristo nel mondo.

FONTE: Padre Alessandro M. Apollonio; LE LITANIE LAURETANE. PREGHIERA MARIANA, PREGHIERA DELLA CHIESA;  © 2013,  CasaMarianaEditrice
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