Spinte provenienti dal di dentro

stellamatutina-la-bestemmia-urlo-infernaleLa superbia – Ne siano consapevoli o no, molti bestemmiatori arrivano alla bestemmia perché spinti dalla superbia: mal sopportano chi sta al di sopra di loro. Questa superbia si manifesta spesso, se si tratta di giovani, in un conflitto sistematico con i genitori, di cui non accettano l’autorità; si manifesta, nei confronti del prossimo, abbassando chi sta più in alto con la calunnia; soprattutto si manifesta e si fa concreta, contro Dio, con la bestemmia.

La superbia… il non accettare la superiorità di Dio … la stessa motivazione che ha portato Satana a ribellarsi al Signore.

  La superficialità – E’ l’atteggiamento di chi bestemmia senza rabbia e senza rimorsi. Lo fa cosi, disinvoltamente, senza perché. Se richiamato, si difende sorridendo e minimizzando, come se la bestemmia fosse la cosa più normale di questo mondo, come se non fosse un’ offesa a Dio per il solo fatto che non ha l’intenzione di offenderlo. In quasi tutte le scelte che fa, l’uomo superficiale e “leggero” si rifiuta di riflettere sulla gravità delle sue azioni e sulle conseguenze che possono derivarne, per sè e per gli altri.

  L’odio contro Dio – E’ raro che uno bestemmi per odio, ma tra i molti esemplari di cui è composta la fauna umana c’è anche questo. Ce ne ha dato conferma lo scrittore Cesare Pavese, morto suicida; nel suo diario ha scritto: “Provo invidia per chi crede … egli almeno può bestemmiare!” Per Pavese il non credere era motivo di tristezza non tanto perché, mancandogli la fede, gli mancava anche la speranza nella vita eterna, e oltre la morte non vedeva che il buio o il nulla, ma perché non credendo in Dio non poteva avere la gioia perversa di odiarlo e di bestemmiarlo.

L’odio contro Dio porta non solo a bestemmiare il Signore, ma a provare gioia nel farlo bestemmiare. E’ illuminante a questo proposito un episodio riportato dallo scrittore Giovanni Papini negli anni del suo ateismo giovanile: “Andavo con un amico … in un viale deserto di novembre. Ad un albero, un vecchio illividito dal freddo allungò verso di noi una mano sudicia; chiedeva la carità, povero vecchio. L’amico trasse una lira d’argento: “Questa è per te se dici due o tre bestemmie” . Il viale era deserto ,” il vecchio ci guardò un istante con occhi velati e sanguigni, che non scorderò mai, gli ricadde giù la mano e, senza dir nulla, a spalle curve si allontanò“.

Qualche anno fa un amico mi ha confidato: “Un giorno ho visto mio figlio (un bambino di sette anni) rientrare in casa con delle monete in mano. Gli ho chiesto chi gli avesse dato quei soldi. La risposta è stata agghiacciante: “Me li ha dati Paolo (un ragazzo del vicinato, di diciotto anni) perché dicessi delle bestemmie“.
Il fatto si commenta da sé.

  L’ira – E’ la principale responsabile delle bestemmie. C’è chi, non solo in condizioni normali non bestemmia mai, ma prova un senso di fastidio e un forte disagio quando sente bestemmiare. Basta però che perda le staffe e … giù una bestemmia. Se nella pazienza l’uomo possiede se stesso, nell’ira è posseduto dalla violenza dell’istinto, è come accecato, non ha più in mano le redini della sua vita, perde per colpa propria la libertà di scelta. C’è chi vede nell’ira un’attenuante, quasi che la bestemmia che si dice sotto la spinta dell’ira non sia un peccato, ma un mezzo peccato! B’ vero invece che l’ira già di per sé è un peccato, per cui chi bestemmia sotto la spinta dell’ira pecca due volte.

  L’abitudine di dire il Nome di Dio invano – Quasi nessuno diventa bestemmiatore perché vuole diventarlo, ma quasi tutti si ritrovano su questa spiaggia con loro amara sorpresa. Per i più, la prima bestemmia è un fatto inaspettato e non voluto, non sanno spiegarsi come sia potuto succedere. Ma la cosa diventa spiegabilissima se si pensa all’abitudine che avevano (e che di solito mantengono), di nominare il Nome di Dio senza motivo.

 Nominare il Nome di Dio invano, come insegna il secondo comandamento, è già un peccato, anche se non mortale, ma è anche qualcos’altro: è il miglior trampolino di lancio per approdare al linguaggio blasfemo; il passaggio da questa pericolosa abitudine alla bestemmia è facilissimo.

So di un papà che vive intensamente la sua fede di cristiano: partecipa alla catechesi, prega, pratica generosamente la carità, vive nel rispetto della legge di Dio e tutto questo alla luce del sole. Con questo spirito ha cercato di modellare la vita dei suoi figli, ma un cattivo esempio lo ha sempre dato sia in casa che fuori, forse l’unico e forse a sua insaputa: quel papà pronuncia il Nome di Dio invano abitualmente.

Sono quasi certo che non ha mai detto una bestemmia in tutta la sua vita, perché ne prova orrore, ma i suoi figli, che hanno imparato da lui a nomInare il Nome di Dio invano, sono andati ben oltre e spesso bestemmiano. Ovviamente il padre non lo sa e ne resterebbe profondamente ferito se lo sapesse. Un giorno, a chi il Signore chiederà conto di quelle bestemmie? Solo ai suoi figli, o non anche a lui?

Il Nome di Dio e della Madonna, pronunciati senza alcun motivo, sono oggi sulla bocca di troppa gente. E sono ben pochi quelli che cercano di correggere questa brutta abitudine; c’è addirittura chi si dà da fare per incentivarla! Le Edizioni Paoline hanno pubblicato un romanzo, intitolato “Tutta colpa di Dio“, in cui il vizietto di nominare il Nome di Dio e della Madonna senza motivo e banalmente trova larga ospitalità. Non va trascurato un “particolare”: l’autrice, una certa Laura De Luca, è una giornalista de “L’Osservatore Romano”, il giornale del Papa. Un segno dei tempi anche questo?
Purtroppo sì!

  La rassegnazione – Tanto è facile entrare nella bestemmia, altrettanto è difficile uscime. Difficile, ma non impossibile, come pensano invece molti bestemmiatori che vorrebbero liberarsi da questo difetto. C’è in quasi tutti un senso di fatalismo, una rassegnazione sbagliata, un senso di impotenza, quasi che una volta caduti in questo difetto sia impossibile venime fuori.

La rassegnazione, che in altre situazioni difficili della vita può essere una virtù, qui è invece una colpa, un nuovo peccato che si aggiunge alla bestemmia. La rassegnazione davanti al male è il peggiore dei mali.

Non c’è alcun peccato che sia inevitabile; è solo questione di volontà: basta volere sinceramente e fermamente e cercare l’aiuto del Signore! Come dice San Paolo: “Tutto posso in Colui che mi dà la forza” (Fil 4, 13).

FONTE: © ENZO BONINSEGNA, La bestemmia: Urlo infernale, 1993
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